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64 Paolo Zanini
Questo approccio, come appare chiaro, non solo escludeva la pos-
sibilità di rendere permanente il soggiorno nel Paese per quanti, ed
erano la maggioranza, non potevano vantare alcun legame, né giuri-
dico né familiare con l’Italia, ma anche per chi aveva o aveva avuto
rapporti, più o meno solidi e antichi, con la Penisola. E proprio la
gestione di quest’ultimo gruppo, rappresentato da persone che van-
tavano legami di parentela con cittadini italiani, o che rivendicavano
la cittadinanza italiana in virtù dello status di cittadini o protetti ita-
liani goduto in precedenza da loro stessi o dalle loro famiglie, avrebbe
costituito nei mesi successivi l’aspetto più controverso dell’intera vi-
cenda, all’interno della più ampia questione degli apolidi. La gestione
di queste due categorie di persone, spesso difficilmente distinguibili
tra loro da un punto di vista giuridico, fu infatti capace di creare
imbarazzi nel rapporto tra l’Ucii e gli apparati di pubblica sicurezza
italiani, e di suscitare polemiche all’interno dello stesso mondo
ebraico italiano, dove non tutti condividevano la linea accentuata-
mente “filogovernativa” impressa da Piperno . L’Unione, infatti, si
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trovava nella non facile situazione di subire le pressioni dei vari
comitati d’assistenza e, più in generale, di un’opinione pubblica
ebraica italiana sensibile alla sorte degli apolidi, da un lato, e di non
poter rischiare di deteriorare i vitali rapporti con il governo e gli
apparati burocratici, dall’altro, senza che ciò peggiorasse la condi-
zione degli stessi rifugiati e, soprattutto, compromettesse la possibi-
lità di utilizzare l’Italia come paese di transito per gli ulteriori profu-
ghi dall’Egitto.
In tali circostanze, i vertici dell’Unione continuarono a mostrarsi
complessivamente comprensivi verso i desiderata del governo italiano,
arrivando a prendere alcune dirette iniziative e a diffondere pubblici
appelli per favorire il deflusso degli apolidi dal territorio italiano, in
virtù degli informali accordi presi nel gennaio, che li impegnavano in
tal senso . Essi cercarono sempre, però, di rendere il più agevole pos-
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65 Per comprendere le incomprensioni avute con le autorità di Polizia, con cui pure
si era a più riprese incontrato, appare indicativo quanto Piperno scrisse all’ambasciatore
d’Israele a Roma, Eliahu Sasson, l’11 luglio 1957, contrapponendo al loro atteggiamento
quello ben altrimenti collaborativo del dicastero degli Esteri: «Viceversa tutt’altro che
facili sono i rapporti con le Autorità di P.S. e particolarmente poiché fino ad ora le Que-
sture delle diverse province d’Italia assumevano verso i profughi degli atteggiamenti det-
tati dall’applicazione delle norme consuetudinarie che nei confronti degli immigrati sono
piuttosto severe», Archivio Ucei, 1948-1956, b. 147, fasc. 43-12 Elenco dei beni italiani
sequestrati in Egitto, s.f. Generale minute.
66 Circa questo aspetto cfr. Profughi apolidi, «Israel», 30 maggio 1957, p. 7, ove si
invitavano i rifugiati apolidi a effettuare la scelta dell’aliyah in Israele o, in subordine, a
orientarsi verso l’emigrazione transoceanica, giacché l’Italia, già gravata da una forte
disoccupazione, non poteva ospitarli più a lungo, diffidandoli, al contempo, dal cercare
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)