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Tra due diaspore: ebrei levantini ed egiziani in Italia (1948-1957) 65
sibile la permanenza temporanea degli apolidi che, non volendo re-
carsi in Israele, erano in attesa di ottenere i visti d’entrata in paesi
terzi, richiedendo, e generalmente ottenendo, il prolungamento dei
loro permessi di soggiorno. All’interno di questa articolata casistica,
un ulteriore elemento, particolarmente complesso, fu rappresentato
dal piccolo gruppo, all’incirca di una quarantina di persone, costi-
tuito da coloro che, pur essendo apolidi, avevano congiunti cittadini
italiani: nel loro caso l’Unione, a ciò indotta dalle richieste prove-
nienti dall’ebraismo milanese, si impegnò nel richiedere un’eccezione
al governo italiano, di fronte alla possibilità che la partenza degli apo-
lidi rischiasse di disperdere e separare nuclei familiari fino a quel
momento uniti .
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Non è qui possibile ricostruire in dettaglio quest’ultima vicenda, che
si protrasse assai a lungo disperdendosi in mille rivoli, né seguire tutti
gli innumerevoli casi, personali e familiari, che interessarono le trat-
tative e i contatti tra l’Ucii e il governo e che determinarono la dialettica
tra le varie componenti dell’ebraismo italiano, che fu particolarmente
viva tra il comitato milanese, direttamente coinvolto nella gestione de-
gli esuli e a diretto contatto con la realtà degli “egiziani” insediatisi
stabilmente sul territorio italiano – attorno ai duemila, alla metà del
1958 solo a Milano –, e i vertici dell’Unione, maggiormente preoccupati
delle possibili ricadute sull’atteggiamento del governo .
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Basterà qui sottolineare il fatto che la linea moderata e filogoverna-
tiva portata avanti da Piperno, se evitò di esacerbare la tensione con
gli apparati burocratico-amministrativi e con il governo italiani, riuscì
a garantire, accanto alla concessione di un gran numero di visti di
transito nella fase di maggior emergenza, anche il permanere in Italia
di una parte consistente tra quanti potevano vantare reali legami con
il nostro Paese e desideravano rimanervi. Benché la prospettiva pre-
valente nell’ebraismo italiano del tempo individuasse nell’aliyah in
Israele la soluzione naturale per i rifugiati dall’Egitto e, più in generale,
di rimanere in Italia illegalmente. Circa la volontà dell’Ucii di indurre i profughi apolidi
a lasciare quanto prima il territorio nazionale, cfr. le due lettere di Piperno del 26
maggio 1957, l’una al presidente della comunità di Milano, Ottolenghi, l’altra al pre-
sidente del comitato milanese d’assistenza ai profughi d’Egitto, Vittorio Levi, in Archi-
vio Ucei, 1948-1956, b. 147, fasc. 43-12 Elenco dei beni italiani sequestrati in Egitto,
s.f Generale minute.
67 A questo proposito vedi la lettera di Levi a Piperno, del 31 maggio 1957, la risposta
di quest’ultimo, del 4 giugno 1957, e la nota di Piperno all’Ufficio stranieri del ministero
degli Esteri, del 21 giugno 1957, ivi. Cfr. anche l’Elenco dei profughi ebrei dall’Egitto
apolidi (con Laissez-passer) e con moglie e figli italiani, ivi, s.f. Elenchi.
68 Circa queste dinamiche e tali dati cfr. la lettera di Levi ad Anau, del 4 giugno 1958,
in Archivio Cdec, Fondo Comunità, b. 17, fasc. 110 Comitato assistenza profughi d’Egitto
1956-1959, s.f. Corrispondenza 1958-1959.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)