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                palestinesi rigettarono la risoluzione 242 dell’Onu che prevedeva il ri-
                tiro  militare  israeliano  e  il  reciproco  riconoscimento  tra  i  due  stati,
                cementando così la disputa. Questa catena di eventi portò alla migra-
                zione di altri 320 mila palestinesi circa, i quali furono espulsi o fuggi-
                rono dalle proprie abitazioni in preda alla paura. In particolare, Gior-
                dania, Libano e Siria, assieme ai paesi del Golfo, videro le proprie co-
                munità palestinesi ingrandirsi ulteriormente. L’Unrwa ottenne man-
                dato di proteggere anche questa seconda ondata di rifugiati i quali,
                tuttavia, non vennero mai riconosciuti come tali. Data l’insicurezza, le
                condizioni di vita precarie e la mancanza di opportunità, molti di loro
                scelsero la via dell’Europa e degli Stati Uniti .
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                   A cavallo tra gli anni ’60 e ’70, si attestò dunque una prima signifi-
                cativa presenza di giovani palestinesi anche in Italia. Khader, ad esem-
                pio, era tra loro. Nato ad Hebron nel 1948 da genitori palestinesi in
                fuga dall’occupazione israeliana, Khader rimase in Cisgiordania (allora
                controllata dai giordani) fino al 1967. Non appena gli israeliani occu-
                parono anche la Cisgiordania, dovette riparare in Giordania, paese dal
                quale decise infine di partire per l’Italia due anni dopo, appena finite
                le scuole superiori. La sua famiglia era povera e viveva in una stanza
                di mattoni e lamiera, ma il sogno di Khader era di diventare pediatra
                in Palestina. Nella sua valigia mise timo e caffè e partì per Roma, si-
                curo di tornare appena laureato .
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                   Alla stessa generazione di migranti appartiene Ahmad, nato a Tul-
                karm, in Cisgiordania.

                   Vedemmo salire il fumo in lontananza – racconta oggi Ahmad ricordando
                il 1967 – e nostra madre ci disse: «sarà un’altra guerra, come il ’48». Ci ordinò,
                a me, che facevo la prima media, e alle mie due sorelle, una delle quali era
                sposata  e  aveva  due  bimbe,  di  raccogliere  le  nostre  cose  perché  bisognava
                scappare immediatamente. Ma non potevamo portare molto, quindi mamma
                ci fece indossare tre o quattro capi d’abbigliamento, uno sopra l’altro. Siamo
                scappati dalla paura. Attraversammo le colline, percorremmo la zona arida e
                arrivammo in Giordania. Dopo una sosta di un anno, raggiungemmo papà,
                che era fuggito in Kuwait durante la guerra del ’48, per finire le scuole.

                   Nel 1973, Ahmad partì alla volta dell’Italia .
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                   7  La resistenza palestinese all’inizio insistette per evitare la denominazione di «rifu-
                giati», la quale suggeriva passività rispetto al ritorno. Cfr. H.L. Schulz, The Palestinian
                Diaspora: Formation of Identities and Politics of Homeland, Routledge, London, 2003, pp.
                38-42 e 130.
                   8  Si vedano K. Tamimi, int. 5 aprile 2021 e il romanzo storico della figlia W. Tamimi,
                Le rose del vento. Storia di destini incrociati, Mondadori, Milano, 2016, pp. 181-183.
                   9  A. Saleh, int. 22 aprile 2021.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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