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Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia, tra solidarietà, politica...   75


                    giordano. Di conseguenza, era per loro sufficiente recarsi a un’amba-
                    sciata italiana per ottenere un visto studentesco e l’iscrizione a una
                    facoltà italiana. Inizialmente era loro concesso di scegliere l’università
                    preferita; successivamente, quando il numero delle richieste cominciò
                    a lievitare, venne loro offerta la possibilità di indicare tre opzioni. Così,
                    in genere, i palestinesi arrivavano ai confini italiani con i documenti
                    in  regola,  si  recavano  all’Università  per  stranieri  di  Perugia  per  un
                    corso di italiano di tre o sei mesi, ottenevano una certificazione d’ido-
                    neità linguistica e venivano infine smistati nelle varie città verso gli
                    atenei di preferenza . Detto per inciso, anche l’esame di lingua sul
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                    quale era basata l’ammissione all’università era quasi pro forma. «Non
                    sapevamo nulla di italiano», spiega Khader, che aggiunge: «abbiamo
                    studiato 40-50 giorni e poi, ancora impreparati, abbiamo chiesto agli
                    amici: ‘ma è sufficiente?’ La risposta è stata: ‘non preoccupatevi, vi
                    fanno passare, basta che non state mai zitti.’ È stato qualcosa come
                    ‘Fantozzi a New York’, è stato ‘sbagliatissimo’, ma ci ha garantito l’ac-
                    cesso agli studi», ricorda Khader sorridendo .
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                       Naturalmente, non tutti arrivarono in Italia attraverso questi ca-
                    nali. Una minoranza entrò nel paese illegalmente. Altri, soprattutto
                    donne e in tempi più recenti, hanno fatto ingresso grazie alle norme
                    per il ricongiungimento famigliare . Pochissimi, invece, richiesero e
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                    ottennero lo status di rifugiato politico. Pur prevedendo il diritto d’asilo
                    nella carta costituzionale, l’Italia non aveva mai approvato una legge
                    che lo regolasse, mentre aveva aderito alla Convenzione di Ginevra del
                    1951 sui rifugiati, applicando una riserva geografica e temporale che
                    di fatto escludeva i palestinesi . La normativa cambiò soltanto grazie
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                    alla legge Martelli sull’immigrazione, approvata nel febbraio 1990. Ol-
                    tre a stabilire nuove regole per i permessi di soggiorno e a introdurre
                    quote annuali per l’ingresso dei cittadini extra-comunitari, la legge fir-
                    mata dal ministro socialista abolì la riserva geografica per i richiedenti
                    asilo. Eppure l’istituto del rifugiato politico rimase ancora molto raro,
                    anche perché avrebbe richiesto all’Italia prese di posizione diplomati-
                    che ferme e decise .
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                       18  Cfr. F. Ismail, int. 28 marzo 2021 e A. Saleh, int. 22 aprile 2021,
                       19  K. Tamimi, int. 5 aprile 2021.
                       20  F. Ahmad, int. 16 aprile 2021.
                       21  M. Colucci, Storia dell’immigrazione straniera in Italia cit., pp. 22-23.
                       22  A. Lonni, Immigrati, Bruno Mondadori, Milano, 2003, pp. 64-66.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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