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                Un paese politicamente amico

                   Al di là delle questioni formali, tuttavia, l’Italia offriva ai migranti
                palestinesi un contesto politico aperto e accondiscendente. Ciò era evi-
                dente tanto a livello governativo e partitico, quanto a livello di movi-
                menti politici e sociali. Di questa circostanza, che rimase favorevole
                per almeno due decenni a partire dalla fine degli anni ’60, la diaspora
                palestinese si avvantaggiò enormemente. Anzitutto, la posizione filo-
                israeliana del governo italiano cominciò a incrinarsi durante la Guerra
                dei sei giorni. Nei consessi internazionali, sia il presidente del Consi-
                glio Aldo Moro sia, soprattutto, il ministro degli Esteri Amintore Fan-
                fani insistettero sull’equidistanza tra le parti e sulla necessità di tro-
                vare una soluzione negoziata al problema palestinese. Pur complicata
                da spinte interne contrastanti, la posizione governativa era di per sé
                coraggiosa e sfidava i sentimenti dell’opinione pubblica italiana che
                nel 1967 – memore delle tragedie dell’antisemitismo – guardava ancora
                con simpatia allo stato ebraico. Israele era stato per molti, fino ad al-
                lora, un piccolo paese abitato da un popolo di perseguitati, i quali lot-
                tavano per il proprio diritto all’esistenza .
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                   Se la Democrazia cristiana (Dc) si attestava su una forma di neu-
                tralità benevola, il Partito comunista italiano (Pci) e il Partito socialista
                italiano  di  unità  proletaria  (Psiup)  rafforzavano  la  loro  inclinazione
                pro-araba e anti-imperialista. Israele, scivolato nel campo occidentale
                dal 1953, era ormai visto come dominato dal sionismo e dal coloniali-
                smo. Già nell’aprile del 1968, su iniziativa di Pci e Psiup, fu organiz-
                zata a Roma la Conferenza Mediterranea, che riunì le forze progressi-
                ste  rivierasche  per  discutere  la  penetrazione  imperialista  nella  re-
                gione . Sempre a Roma, all’inizio del 1969, venne inaugurato il Comi-
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                tato per la solidarietà con il popolo palestinese che prese sede nella
                locale Casa della cultura. Il Comitato si proponeva di far conoscere le
                origini, le caratteristiche e le prospettive del movimento di resistenza
                palestinese. Gestito dal giornalista Bruno Crimi, era sostenuto da per-
                sonalità come i deputati del Pci Vittorio Orilia e Umberto Cardia, il
                socialista Alberto Benzoni e l’ex segretario della Dc emiliana Corrado
                Corghi, punto di riferimento per i cattolici del dissenso e vicino alle
                nascenti  Brigate  rosse.  Il  Comitato  pubblicò  anche  la  rivista  «Rivo-


                   23   Si  vedano,  tra  gli  altri,  G.  Formigoni,  Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-
                1978), il Mulino, Bologna, 2016, pp. 352-353 e D. Caviglia, M. Cricco, La diplomazia
                italiana e gli equilibri mediterranei. La politica mediorientale dell’Italia dalla guerra dei
                Sei Giorni al conflitto dello Yom Kippur (1967-1973), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006,
                pp. 19-23.
                   24  Su questa svolta del Pci, cfr. L. Riccardi, Il «problema Israele». Diplomazia italiana e Pci
                di fronte allo Stato ebraico (1948-1973), Guerini, Milano, 2006, pp. 298-308 e 389-391.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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