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                Ingrassia, che tra i rimedi a scopo preventivo elenca una «miracolosa
                et artificiata palla da portare in mano», composta da erbe aromatiche,
                che col calore stesso della mano sprigionava degli odori nell’aria, che
                annusati entravano nel corpo, risultando «salutiferi al stomaco et al
                cervello» .
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                Igiene della persona e lubricità del corpo

                   All’igiene della propria abitazione si affiancava quella personale. Era
                convinzione di Ingrassia – sulla scia della teoria dei germi del medico ve-
                ronese Girolamo Fracastoro  – che la peste si trasmettesse in tre modi:
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                per contatto diretto con la persona infetta, per esempio toccandola e ab-
                bracciandola, o anche attraverso la conversazione «pigliando della sua
                respiratione et anhelito»; oppure per fomite, cioè attraverso «le robe» in-
                fette, nelle quali si annidavano «quegli atomi chiamati seminarii pestilen-
                ziali»; o ancora ad distans, ossia da lontano, specie in quei luoghi disposti
                alla putredine, che favoriscono la conversione della febbre pestilenziale in
                vera peste . Era pertanto importante non entrare in contatto con i malati
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                né conversare con loro perché attraverso la traspirazione e il sudore la
                trasmissione era più facile.
                   Oltre ad arieggiare e profumare l’ambiente, come si è detto, era ne-
                cessario perciò procedere alla purificazione della biancheria, lavandola
                accuratamente con sapone e, ove possibile, con la liscia (liscivia), ossia
                una soluzione di cenere e acqua bollente, oppure esponendola al vento
                (ventilare) durante la notte e il giorno. In caso di roba infetta sarebbe
                stato necessario invece bruciarla, così come per quelle che non pote-
                vano purificarsi bene: «cose sordide, stracci, pelli, piume, et ogni cosa
                vecchia pelosa» . Raccomandava di cambiare spesso gli indumenti e
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                   42  L. Fioravanti, Reggimento della peste, Venezia, 1571 2 , pp. 32-33.
                   43  L’opera di Girolamo Fracastoro, De contagione et contagiosis morbis et curatione,
                pubblicata nel 1546 è stata considerata alla base della teoria dei germi. In verità la sua
                importanza consiste nell’avere riformulato in una visione di sintesi teorie classiche ed
                esperienza, affermando l’idea che la peste potesse originarsi per condizioni climatiche e
                diffondersi poi per contagio diretto o per fomite oppure nell’aria: «appare meno come un
                rivoluzionario e più come un riconciliatore della teoria classica con la moderna osserva-
                zione» (A. Zitelli, R.J. Palmer, Le teorie mediche sulla peste e il contesto veneziano, in
                Venezia e la peste 1348-1797, Marsilio editori, Venezia, 1980, p. 25). Su Girolamo Fra-
                castoro, cfr. V. Nutton, The Reception of Fracastoro’s Theory of Contagion: The Seed That
                Fell among Thorns?, «Osiris», 6 (1990), pp. 196-234; e il più recente A. Pastore, E. Peruzzi
                (a cura di), Girolamo Fracastoro fra medicina, filosofia e scienze della natura, «Atti del
                Convegno internazionale di studi in occasione del 450 o  anniversario della morte: Ve-
                rona-Padova 9-11 ottobre 2003», Olschki, Firenze, 2006. Sull’influenza che Fracastoro
                ebbe sull’elaborazione di Ingrassia, cfr. L. Ingaliso, Introduzione cit., pp. 45-47, 60.
                   44  G.F. Ingrassia, Informatione cit., parte I, cap. VI, p. 117 [43].
                   45  Ivi, parte II, cap. V, p. 242 [164].



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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