Page 108 - 1
P. 108

376                                                    Rossella Cancila


                   In linea con i classici, Ingrassia destina uno spazio importante alla
                dietetica, a partire dalla convinzione che la stessa alimentazione non
                si addice ai sani e ai malati, e che occorre trovare il cibo giusto per
                ognuno, rispettando la costituzione corporea in modo da favorirne l’as-
                similazione.  Delinea  così  un  regime  alimentare  (mangiare  e  bere)
                adatto anche ai sani, con riferimento alla «quantità, sostanza, qualità,
                ordine e diversità dei cibi», distinguendolo da quello destinato agli in-
                fermi . Considera insomma il modo di rapportarsi e di intendere il
                     57
                cibo come uno strumento per difendersi dalla malattia e per procurarsi
                benessere, rivolgendo attenzione alla dieta a scopo preventivo: la peste
                non deriva dal cibo, ma il cibo buono rende il corpo più resistente .
                                                                                  58
                Nelle sue indicazioni tiene perciò sempre presenti le qualità primarie
                dei cibi (caldo, freddo, secco, umido) e la loro combinazione, in quanto
                la loro natura attraverso la digestione produceva degli umori che ave-
                vano effetti diversi sul corpo anche in relazione al temperamento, l’età
                e la stagione. Al di là delle teorie prende però in considerazione l’espe-
                rienza diretta e i prodotti disponibili sul territorio. In questo modo av-
                vicina le pratiche alimentari ai consigli terapeutici sul cibo per la con-
                servazione della salute.
                   «La fame non è buona», ma è altresì importante «mangiare per vi-
                vere, et non vivere per mangiare» . Complessivamente Ingrassia non
                                                59
                appare molto attento al digiuno per devozione, al quale riserva solo
                poche righe: ribadisce che con il digiuno si sanano le pestilenze del
                corpo, ma non indugia sul tema, convinto che fame, sete e gran di-
                giuno abbiano effetti negativi sul corpo . Indicava pertanto sei regole
                                                      60
                di base il cui perno è sempre la digestione così come la necessità di
                evitare  l’occlusione  intestinale:  1)  non  si  mangi  il  secondo  cibo,  se



                   57  G.F. Ingrassia, Informatione cit., parte III, cap. III, p. 425 [1].
                   58  M. Nicoud, Les régimes de santé au Moyen Âge cit. Cfr. anche il recente A. D’Am-
                brosio, Cibo ed epidemie. Atavola con gli appestati (secc. XVI -XVII), «Idomeneo» 32 (2021),
                pp. 107-132.
                   59  La versione in latino è non ut edam vivo, sed ut vivam edo: l’espressione, attribuita
                a Socrate, è ampiamente attestata presso autori greci e latini, tra cui Quintiliano (Insti-
                tutionis oratoriae IX 3, 85).
                   60  Della stessa opinione è anche il medico Antonio Glisente, che nello stesso anno
                1576 pubblicò il suo Trattato del regimento del vivere cit.: sostanzialmente d’accordo con
                Ingrassia sostenne che pur rimanendo fedeli ai precetti della Chiesa circa la qualità dei
                cibi  consentiti,  era  però  necessario  fare  attenzione  alle  quantità  per  non  indebolire
                troppo il corpo, così da renderlo «più atto a ricevere li mali vapori che scorrono per l’aria»,
                in quanto la peste colpiva soprattutto i più deboli. La tendenza comune era infatti di
                mangiare di più dopo il digiuno a causa della fame patita, ed era perciò consigliabile
                «usare gli digiuni moderatamente». Su Glisente, cfr. P. Preto, Peste e società a Venezia
                cit., pp. 66-67. Sulla relazione tra cristianità e cibo, cfr. D. Gentilcore, Food and Health
                in Early Modern Europe: Diet, Medicine and Society, 1450-1800, Bloomsbury, London,
                2016, pp. 96-99, che nelle pagine successive analizza l’impatto della Riforma (nelle due
                anime protestante e cattolica) sul consumo di alcuni cibi.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   103   104   105   106   107   108   109   110   111   112   113