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374 Rossella Cancila
Ingrassia indicava anche alcuni antidoti, utili sia a scopo preven-
tivo che curativo, di cui riporta la composizione a uso degli speziali,
come lo sciroppo angelico «confortativo del cuore» elaborato da Nicolò
Massa, che «evacuando delicatamente le materie venenose, conforta
gli spiriti, et le virtù di tutto il corpo». Ma cita anche l’antidoto di Iacopo
Riccio, medico «eccellente, come eletto et stipendiato dai Deputati di
Sanità di Vinegia, a medicar gli appestati nello hospedale», e dunque
meritevole di considerazione per la sua esperienza «lunga et sicura», a
differenza di molti altri suoi colleghi che dissertavano soltanto sul
piano teorico . Di antidoti e ricette ne esistevano infatti una infinità
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(«che volendo qui tutti aggregare, sarebbe farne un chaos. Né sapreste
quali scegliere»), da utilizzare col parere dei medici secondo «il tempo,
la complessione, et tutte l’altre varie circostanze nell’arte considera-
bili» . Ingrassia infatti teneva spesso presenti le diverse costituzioni
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fisiche e indicava composizioni diverse sulla base dell’umore preva-
lente in ciascuno. D’altra parte, la sua attenzione era rivolta non tanto
a metodi drastici, ma a pratiche giornaliere, in cui l’assunzione cor-
retta del cibo giocava un ruolo determinante.
Occorreva in tempo di peste fare i conti anche con la difficoltà
nell’approvvigionamento di medicamenti freschi dai paesi di Levante,
sicché «quei pochi che habbiamo, sono sventati et vecchi, che si ritro-
vano più et più volte adulterati» . Segnala così tra i rimedi purgativi
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la manna, ricavata per incisione dalla corteccia del frassino, e prodotta
in Sicilia, soprattutto nei boschi delle Madonie nella zona di Gratteri,
dunque facilmente reperibile, anche se egli riconosce la superiorità di
quella calabrese («chiamata di fronda»). «Venduta di vilissimo prezzo,
fa ogni dì miracolosi effetti»: quella che chiamano «forzata, fatta di
tacco, che vuol dire per la resudatione dalle parti incise de gli arbori»,
risulta essere a suo avviso il medicamento più efficace presente nelle
spezierie. Consigliava di assumerne cinque once nel brodo di gallina,
cappone o pollastro, con l’aggiunta di sale, zafferano e un po’ di acre
di limone o di arancia. Coloro che non amavano il brodo, solevano
masticarne una noce se fresca, oppure se secca dopo averla sciolta per
una notte in acqua, con beneficio della bocca, della gola e anche dello
stomaco .
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Non sempre per lubrificare il corpo era necessario ricorrere a «cose
medicinali», ma si potevano ingerire «cibi mollificativi solamente per
mollicare il ventre», come ad esempio al mattino a digiuno dell’uva
dell’animo et il tremore del cuore» (G. Donzelli, Teatro farmaceutico dogmatico e spagi-
rico, Venezia, 1704, p. 449).
50 G.F. Ingrassia, Informatione cit., parte III, cap. XV, p. 477 [57].
51 Ivi, p. 478 [59].
52 Ivi, cap. X, p. 450 [32].
53 Ivi, pp. 449-450 [31-32].
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)