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                temeva pertanto che fosse inquinata e non potabile . Il vino – ingre-
                                                                   72
                diente peraltro presente in molti medicamenti – era indubbiamente più
                diffuso: vecchio almeno di sei mesi, di buon odore, non troppo forte,
                specialmente d’estate quando era preferibile berlo fresco, temperan-
                dolo con acqua di fonte corrente, «delicata», perché conforta lo sto-
                maco. Raccomanda di consumarlo con moderazione e di tenere sem-
                pre in considerazione la diversità delle complessioni : chi ha lo sto-
                                                                   73
                maco freddo, preferisce il più forte; a chi ha il fegato caldo si addice
                meglio quello più leggero e annacquato.
                   Riguardo  al  colore,  «che  sia  al  color  dell’oro,  come  noi  diciamo
                biondo» oppure del colore delle ciliegie, ma non molto rosso; quanto al
                sapore non sia troppo dolce, né acetoso, ma con quel tanto di «agretto,
                o come si dice garbetto», piacevole al gusto . Ingrassia però mette in
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                guardia da un suo consumo in presenza di febbre pestifera: sulla base
                dell’esperienza maturata durante la pestilenza del 1575 notò che al-
                cuni infermi avevano provato sollievo nel berlo ed erano guariti, men-
                tre altri invece erano morti lo stesso giorno, forse perché ne avevano
                consumato in grandi quantità, «e si sono ammazzati con sue mani» .
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                In verità egli è molto scettico nei confronti di quei medici che, supe-
                rando la posizione di Galeno, ne approvavano l’uso in presenza di pe-
                ste «con dire che fortifica, refocillando et regenerando detti spiriti» nella
                convinzione invece che facesse «penetrare il pestifero veneno al cuore».


                Esercizio fisico, sonno e veglia

                   Alla dieta, che doveva essere funzionale al benessere psico-fisico per-
                sonale,  si  accompagnava  un  moderato  esercizio  fisico  giornaliero:  la
                troppa fatica (ma anche bagni caldi, terme, frizioni fredde) soprattutto in
                tempo caldo apriva i pori predisponendo al contagio, ma anche l’ozio e la
                pigrizia  aggregavano  «humori  crudi»,  ostruendo  il  fegato  e  disponendo
                perciò il corpo alla putrefazione e alla contaminazione . L’attività fisica
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                   72  In ambito siciliano, può segnalarsi l’attenzione dedicata alla salubrità dell’acqua
                da parte di Fortunato Fedeli nel suo De relationibus medicorum cit., l. I, capp. III-IV.
                   73  Sul largo consumo di vino in età moderna, cfr. D. Gentilcore, Food and Health in
                Early Modern Europe cit., pp. 162-166. Si considerino l’associazione/somiglianza san-
                gue-vino e le implicazioni religiose (cfr. ivi, p. 163, ma anche K. Albala, Eating Right in
                the Renaissance cit., pp. 73-74).
                   74  G.F. Ingrassia, Informatione cit., parte III, cap. IV, 427 [10].
                   75  Ivi, parte IV, cap. XXXIII, pp. 617-618 [192].
                   76  Dell’esercizio fisico si occupò anche Gerolamo Cardano nel De sanitate tuenda
                (1560), che ne raccomandò la pratica per tutta la vita dall’infanzia alla vecchiaia, con
                una intensità che doveva decrescere in età adulta. Su questo, cfr. E.B. English, Girolamo
                Cardano and De sanitate tuenda: A Renaissance Physician’s Perspective on Exercise,
                «Research Quarterly for Exercise and Sport», 53/4 (1982), pp. 282-290. Su Cardano si



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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