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                partirono per Pisa . La sentenza non danneggiò Manfredi II Chiaro-
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                monte che, dopo la morte del padre Giovanni il Vecchio (1339), era
                diventato conte di Modica e Caccamo , siniscalco regio, capitano e
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                giustiziere di Palermo. Il 2 marzo 1341 Pietro II comunicò a Manfredi
                II che Matteo, Damiano, Francesco Palizzi e Scalore degli Uberti erano
                stati giudicati colpevoli del crimine di lesa maestà perché si erano ri-
                bellati contro il duca Giovanni, avevano seminato discordia tra i mem-
                bri della casa reale e si erano alleati con Roberto di Napoli . Il re di
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                Sicilia notificò al pretore, ai giudici e ai giurati di Palermo che aveva
                confermato la sentenza con un editto trasmesso a diverse città e terre
                del regno che doveva essere trascritto, letto in volgare «astante populo
                in numero copioso», affisso nella cattedrale di Palermo e conservato a
                perenne memoria . Neanche la damnatio memoriae degli zii materni
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                scalfì la posizione di Manfredi II.
                   Dopo il ritorno in Sicilia dei Palizzi e la morte del duca Giovanni,
                vicario  del  nipote  Ludovico  (salito  al  trono  nel  1342  a  soli  quattro
                anni), nel luglio del 1348 esplose a Palermo, Agrigento, Sciacca, Tra-
                pani e nella maggior parte del Val di Mazara una ribellione anti-cata-
                lana, al grido di «Viva Palici, et Claramunti» e «morano li Catalani», per
                eliminare i seguaci del defunto duca Giovanni, guidati ora da Blasco
                Alagona, conte di Mistretta .
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                   Nella cronaca del cosiddetto Michele da Piazza, vicino alla famiglia
                Alagona, si assiste alla demonizzazione della fazione latina. Si afferma
                che i Palizzi erano stati ingannati dalle parole false e ambigue del de-
                monio e li si paragona a Lucifero per il peccato di superbia, causa della
                loro rovina . Quanto a Matteo Palizzi, si dice che agiva «tamquam ser-
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                pens astutus» . Durante la rivolta anti-catalana, i seguaci del duca
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                Giovanni sarebbero stati torturati e uccisi senza pietà dai sostenitori
                dei Palizzi e dei Chiaromonte, simili a leoni famelici «non sicut hostis
                suo hosti, immo tamquam leo rugiens querens quem devoret propter
                famem immensam, ipsos devorabant» .
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                   Altrettanto duro è il giudizio del re Pietro IV d’Aragona, che il 12
                aprile 1350 chiese a Giovanni de Valente, doge di Genova, d’impedire



                   32  Michele da Piazza, Cronaca cit., p. 75.
                   33  S. Fodale, Chiaramonte (Chiaromonte), Manfredi, conte di Modica, s.v., in Dizionario
                Biografico degli Italiani, vol. XXIV, Roma, 1980, pp. 533-535.
                   34  Cronaca della Sicilia, pp. 346-348.
                   35  L. Sciascia (a cura di), Registro di lettere (1340-48), Municipio di Palermo, Palermo,
                2007, (Acta Curie Felicis Urbis Panormi, 7), docc. 144 e 145.
                   36  Historia Sicula, in R. Gregorio (a cura di), Bibliotheca Scriptorum cit., vol. II, p. 291;
                Michele da Piazza, Cronaca cit., p. 92.
                   37  Michele  da Piazza, Cronaca cit., p. 222.
                   38  Ivi, p. 89.
                   39  Ivi, pp. 91 e 92.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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