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I Chiaromonte tra Ventimiglia e Palizzi 303
ai Genovesi di aiutare con galee o in altro modo «barones de Pallici et
de Claromonte Regni Sicilie et nonnulli alii eorum complices eorum
pravis conatibus adherentes, ad ipsorum propria comoda anelantes in
maximum dispendiun nostrorum fidelium naturalium, scilicet catala-
norum et aragonensium in regno predicto commorantium». Aggiunse
che, «facto monopolio inter ipsos cum nonnullis civitatibus atque locis
regni ipsius, habitatores ipsorum, faccionibus et sugestionibus factis,
ad sequendum eorum nefanda vestigia inducendo», i Palizzi e i Chia-
romonte avevano commesso stragi di catalani e aragonesi naturalizzati
siciliani e miravano ad espellerli tutti dall’isola .
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La coalizione Palizzi-Chiaromonte era diventata un imprescindibile
punto di riferimento politico per i Palermitani che pregarono il conte
Matteo Palizzi, il dominus Corrado Doria e il maestro razionale Enrico
I Chiaromonte, fratello di Manfredi II, d’intercedere presso re Ludovico
per riconciliarsi con lui e ottenere il pieno accoglimento delle loro pro-
poste . Pietro IV dovette fare buon viso a cattivo gioco. I Chiaromonte
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rimanevano l’ago della bilancia e, con la loro intermediazione, fu si-
glato un accordo di pace tra Blasco Alagona e Matteo Palizzi : durante
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la minorità di Ludovico, Blasco Alagona avrebbe mantenuto l’ufficio di
maestro giustiziere e incassato i proventi, ma avrebbe dovuto condivi-
dere il vicariato con Manfredi II e Matteo Palizzi .
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Nell’estate del 1351 i cittadini di Palermo chiesero a Matteo Palizzi
di tornare, per aiutarli a porre fine alle violenze commesse nel territorio
di Palermo dai nemici dei Chiaromonte, e lo pregarono di organizzare
un colloquio con Manfredi II e gli altri magnati alleati per concordare
una strategia bellica . I timori non erano infondati. Il 13 dicembre
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1351 Roberto de Pando e Lorenzo de Murra organizzarono una rivolta
contro Manfredi II e chiesero rinforzi a Matteo Sclafani e Francesco II
Ventimiglia, mossa che potrebbe essere letta come un tentativo di fare
venire allo scoperto i nemici dei Chiaromonte, se si ipotizza che Lo-
renzo abbia fatto il doppio gioco sin dall’inizio. Francesco II, giovane e
impulsivo, si recò personalmente a Palermo, insieme con i fratelli e la
sua comitiva di cavalieri e fanti, e fu accolto «cum tripudio extrinseco
maximo», Matteo «tamquam discretus et sagax» rimase a Ciminna .
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40 Aca, Canc., reg. 1064, c. 80r.
41 C. Bilello, A. Massa (a cura di), Registro di lettere (1348-49 e 1350), Municipio di
Palermo, Palermo, 1993 (Acta Curie Felicis Urbis Panormi, 8), docc. 8-10.
42 C. Bilello, F. Bonanno, A. Massa (a cura di), Registro di lettere cit., doc. 2.
43 S. Fodale, Su l’audaci galee de’catalani (1327-1382), Istituto storico italiano per il
Medioevo, Roma, 2017, pp. 74-75.
44 C. Bilello, F. Bonanno, A. Massa (a cura di), Registro di lettere cit., doc. 92 (9
agosto 1351).
45 Michele da Piazza, Cronaca cit., pp. 128-130. Sulla rivolta del 1351, cfr. L. Scia-
scia, Le rivolte di Palermo (1282-1351), in En món urba a la Corona d’Aragó del 1137 als
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)