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                sposare Giovanni, figlio del conte Blasco Alagona. Dopo le nozze, a
                lungo rimandate per la morte del conte Matteo, gli sposi si recarono a
                Naso; invece, Venezia restò prudentemente a Catania .
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                   La vita di Simone ebbe un tragico ed enigmatico epilogo. Il 18 marzo
                1357 re Federico IV comunicò agli abitanti della contea di Modica che
                due giorni prima Simone era morto a Messina «sumpto […] poculo ve-
                nenoso» e intendeva revocare la contea al demanio regio, per liberarli
                dal giogo della baronia . Secondo Matteo Villani, il conte si ammalò e
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                morì  nell’arco  di  una  settimana  e  si  sospettò  che  Luigi  di  Taranto
                l’avesse  fatto  assassinare  per  bloccare  un  progetto  politico  auto-
                nomo . Il cosiddetto Michele da Piazza riferisce che Simone morì a
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                Messina «de infirmitate devictus» e lì fu sepolto, con grande gioia della
                vedova Venezia e immenso dolore di tutta la famiglia Chiaromonte,
                soprattutto del cugino Manfredi III che assistette alla morte e partecipò
                ai riti funebri .
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                4. Tre matrimoni e un soffitto

                   Nel pieno della lotta tra la parzialità latina e quella catalana, quando
                Chiaromonte e Ventimiglia militavano su fronti opposti, Francesco II
                Ventimiglia, secondogenito di Francesco I, aveva sposato Elisabetta, fi-
                glia del cavaliere messinese Nicolò Lauria, e di una componente della
                famiglia Spatafora. Nicolò sosteneva la fazione catalana e morì nel gen-
                naio del 1348, cadendo o gettandosi in mare per non finire nelle mani
                dei Palizzi, quando la sua nave fu speronata da una galea nemica. Mi-
                chele da Piazza afferma che Matteo Palizzi si sarebbe addolorato profon-
                damente per la morte di Nicolò perché non era riuscito a vendicarsi («as-
                serens in corde suo amodo omnem spem ulciscendi de dicto domino
                Nicolao esse derelictam») e descrive lo scempio del suo corpo , simile a
                                                                          64
                quello riservato al cadavere del consuocero Francesco I.
                   I rapporti tra i Ventimiglia e i Chiaromonte si rasserenarono sol-
                tanto nel 1361, quando Federico IV perdonò tutti i membri della fami-
                glia Chiaromonte – compresi Manfredi II, Enrico I e Simone ormai de-
                funti, sebbene in passato avessero usurpato diritti e beni demaniali
                «pro eorum libito voluntatis» – con la giustificazione che non avevano



                   60  Michele da Piazza, Cronaca cit., pp. 313-314.
                   61  G. Cosentino, (a cura di), Codice diplomatico cit., docc. CCCCLXI e CCCCLXII.
                   62  F.P. Tocco, Niccolò Acciaiuoli. Vita e politica in Italia alla metà del XIV secolo, Isti-
                tuto storico italiano per il Medio Evo, Roma, 2001, p. 267.
                   63  Michele da Piazza, Cronaca cit., p. 319.
                   64  Ivi, pp. 109-111. Un’altra figlia di Nicolò, Lucia, divenne badessa del monastero
                basiliano di San Salvatore di Palermo (P. Sardina, Per gli antichi chiostri, Palermo Uni-
                versity Press, Palermo, 2020, pp. 84-85).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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