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I Chiaromonte tra Ventimiglia e Palizzi 315
latina e si legarono agli Angioini. Se le nozze tra Lucca Palizzi e Gio-
vanni Chiaromonte il Vecchio avevano gettato le basi per una frut-
tuosa, lunga e utile collaborazione tra le due famiglie, il matrimonio
tra Simone Chiaromonte e Venezia Palizzi naufragò miseramente,
dopo la violenta eliminazione del conte Matteo, padre di Venezia.
Passarono ben quarant’anni prima che i fili che avevano unito Chia-
romonte e Ventimiglia, bruscamente spezzati, si riannodassero con tre
matrimoni fra le figlie di Francesco II Ventimiglia e componenti della
famiglia Chiaromonte. Si trattò di nozze a parti inverse, poiché furono
le donne dei Ventimiglia a sposare uomini appartenenti alla casata dei
Chiaromonte, con chiare conseguenze positive per il casato, che non
solo avrebbe avuto la possibilità di trasmettere il proprio cognome ai
discendenti, ma avrebbe anche evitato che le donne della famiglia su-
bissero qualche umiliante ripudio (come era avvenuto a Costanza).
Per ironia della sorte, da queste tre unioni non sopravvissero eredi
di sesso maschile. Federichello, figlio di Matteo Chiaromonte e Gia-
coma Ventimiglia morì anzitempo, e dai matrimoni di Giovanni III e
Manfredi III nacquero solo figlie. A ben vedere, il vero frutto della stra-
tegia matrimoniale delle due casate fu una salda alleanza politica du-
rata trent’anni, che consentì a Manfredi III e al suocero Francesco II
di partecipare insieme al vicariato collettivo.
Appare evidente che i legami di sangue condizionarono la storia
delle famiglie comitali più degli ostacoli giuridici e delle convenzioni
morali che penalizzavano chi era nato fuori dal matrimonio o, come si
usava specificare nei documenti, «ex damnato coitu». I figli di France-
sco I Ventimiglia e Margherita Consolo entrarono a pieno diritto
nell’asse ereditario, poiché furono legittimati da papa Giovanni XXII.
Alla morte di Giovanni III Chiaromonte, Manfredi III, figlio naturale di
Giovanni il Giovane, divenne il capo della famiglia.
Se la prosecuzione della stirpe proiettava la famiglia verso il futuro,
la costruzione genealogica, basata sulla memoria familiare, la radicava
nel passato. Nella Sicilia del Trecento l’aristocrazia siciliana aveva or-
mai introiettato modelli e schemi elaborati nel Duecento dalle monar-
chie europee 108 . Quando, nel 1361, Federico IV perdonò i Chiaro-
monte, incluse anche Manfredi II, Enrico I e Simone, ormai defunti,
non solo per annullare eventuali confische di beni, ma anche per can-
cellare ogni «sordem et infamie maculam».
Manfredi III riuscì a intessere vaste relazioni internazionali, che an-
davano dagli Angiò Durazzo ai papi di Roma, e corroborò la legittimità
108 Negli Insegnamenti al figlio Filippo III, re Luigi IX di Francia aveva affermato che
gli antenati «sono i membri più importanti del lignaggio, perché sono i padri, i predeces-
sori e i portatori della continuità» e la loro memoria dipende dallo zelo dei discendenti
(J. Le Goff, San Luigi, Einaudi, Torino, 1996, p. 620).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)