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                classiche, che si centravano sui confini confessionali e territoriali im-
                posti e negoziati all’indomani della rottura sancita dalla Riforma pro-
                testante, sono andate progressivamente sfumando a favore di una ine-
                dita immagine in chiaroscuro, e sempre più aperta ad approcci globali
                e  interdisciplinari,  che  permette,  finalmente,  di  riconoscere  la  pre-
                senza di soggetti altri al suo interno . Tra il 2007 e il 2009, tre studi
                                                   1
                importanti su argomenti diversi hanno offerto contributi teorici e me-
                todologici essenziali su questi temi, a loro volta alla base di molte do-
                mande e ricerche recenti.
                   Nel primo, in ordine cronologico, Benjamin Kaplan ha lavorato sulla
                lenta  affermazione  di  pratiche  di  tolleranza  quotidiana  nell’Europa
                della prima età moderna, dimostrando come l’ineluttabilità della coe-
                sistenza tra cattolici, calvinisti e luterani abbia preceduto l’elabora-
                zione teorica sei e settecentesca sulla materia. Secondo questa propo-
                sta, ben prima di Locke e di Grozio, sarebbero state queste esperienze
                di  vicinanza  urbana  (assai  sgradita)  a  spingere  a  un  ripensamento
                sulle possibilità di coabitare con altri cristiani, di cui si continuava
                apertamente  a  disapprovare  e  criticare  la  fede .  In  contemporanea,
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                Stuart B. Schwartz si è posto interrogativi simili sul contesto ampio e
                frastagliato dell’Atlantico iberico, dove la violenza e l’imposizione di ge-
                rarchie coloniali si sposarono, in parte e irregolarmente, con l’inter-
                vento repressivo delle inquisizioni senza, con questo, riuscire né a sra-
                dicare  del  tutto  le  innumerevoli  manifestazioni  della  differenza  che
                connaturavano quegli spazi e quelle società, né, tanto meno, a impe-
                dire la propagazione di forme di pragmatica e rassegnata tolerance . In
                                                                                3
                qualche modo, anche il «cosmopolitan communitarism» di Francesca
                Trivellato va in questa direzione, seppure da una visuale ancora ruo-
                tata e centrata ora sulla storia economica: le reti del commercio inter-
                nazionale funzionavano grazie a scambi tra gruppi di mercanti di varia
                provenienza, che si fidavano gli uni degli altri, costruivano relazioni di
                affari su tanti livelli, anche ripetute e costanti nel tempo, ma senza
                che questa abitudine/attitudine al contatto professionale comportasse
                il superamento di barriere culturali che, anzi, rimasero salde nella re-
                ciproca separazione .
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                   1  Per una sintesi ricca e aggiornata in questa direzione, con ampia bibliografia, cfr.
                C.M.N. Eire, Reformations. The Early Modern World, 1450-1650, Yale University Press,
                New Haven, 2016.
                   2  B.Y. Kaplan, Divided by Faith. Religious Conflict and the Practice of Tolerance in
                Early Modern Europe, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 2007.
                   3  S.B. Schwartz, All Can Be Saved. Religious Tolerance and Salvation in the Iberian
                Atlantic World, Yale University Press, New Haven, 2008.
                   4  F. Trivellato, Il commercio interculturale. La diaspora sefardita, Livorno e i traffici
                globali in età moderna, Viella, Roma, 2016.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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