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318 Serena Di Nepi
classiche, che si centravano sui confini confessionali e territoriali im-
posti e negoziati all’indomani della rottura sancita dalla Riforma pro-
testante, sono andate progressivamente sfumando a favore di una ine-
dita immagine in chiaroscuro, e sempre più aperta ad approcci globali
e interdisciplinari, che permette, finalmente, di riconoscere la pre-
senza di soggetti altri al suo interno . Tra il 2007 e il 2009, tre studi
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importanti su argomenti diversi hanno offerto contributi teorici e me-
todologici essenziali su questi temi, a loro volta alla base di molte do-
mande e ricerche recenti.
Nel primo, in ordine cronologico, Benjamin Kaplan ha lavorato sulla
lenta affermazione di pratiche di tolleranza quotidiana nell’Europa
della prima età moderna, dimostrando come l’ineluttabilità della coe-
sistenza tra cattolici, calvinisti e luterani abbia preceduto l’elabora-
zione teorica sei e settecentesca sulla materia. Secondo questa propo-
sta, ben prima di Locke e di Grozio, sarebbero state queste esperienze
di vicinanza urbana (assai sgradita) a spingere a un ripensamento
sulle possibilità di coabitare con altri cristiani, di cui si continuava
apertamente a disapprovare e criticare la fede . In contemporanea,
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Stuart B. Schwartz si è posto interrogativi simili sul contesto ampio e
frastagliato dell’Atlantico iberico, dove la violenza e l’imposizione di ge-
rarchie coloniali si sposarono, in parte e irregolarmente, con l’inter-
vento repressivo delle inquisizioni senza, con questo, riuscire né a sra-
dicare del tutto le innumerevoli manifestazioni della differenza che
connaturavano quegli spazi e quelle società, né, tanto meno, a impe-
dire la propagazione di forme di pragmatica e rassegnata tolerance . In
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qualche modo, anche il «cosmopolitan communitarism» di Francesca
Trivellato va in questa direzione, seppure da una visuale ancora ruo-
tata e centrata ora sulla storia economica: le reti del commercio inter-
nazionale funzionavano grazie a scambi tra gruppi di mercanti di varia
provenienza, che si fidavano gli uni degli altri, costruivano relazioni di
affari su tanti livelli, anche ripetute e costanti nel tempo, ma senza
che questa abitudine/attitudine al contatto professionale comportasse
il superamento di barriere culturali che, anzi, rimasero salde nella re-
ciproca separazione .
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1 Per una sintesi ricca e aggiornata in questa direzione, con ampia bibliografia, cfr.
C.M.N. Eire, Reformations. The Early Modern World, 1450-1650, Yale University Press,
New Haven, 2016.
2 B.Y. Kaplan, Divided by Faith. Religious Conflict and the Practice of Tolerance in
Early Modern Europe, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 2007.
3 S.B. Schwartz, All Can Be Saved. Religious Tolerance and Salvation in the Iberian
Atlantic World, Yale University Press, New Haven, 2008.
4 F. Trivellato, Il commercio interculturale. La diaspora sefardita, Livorno e i traffici
globali in età moderna, Viella, Roma, 2016.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)