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316 Patrizia Sardina
della sua leadership familiare tramite la costruzione di una memoria
dinastica basata sui legami di sangue. A tale scopo, fece dipingere nel
soffitto dello Steri, in maniera quasi ossessiva, il «bianco monte nel
campo vermiglio», stemma dei Chiaromonte tanto illustre da essere
citato da Boccaccio nell’Amorosa Visione, quando ricordò il viaggio
fatto a Napoli dalla bella Eleonora, figlia naturale di Federico III di Si-
cilia e matrigna di Manfredi III, per chiedere la liberazione del marito
Giovanni il Giovane 109 . Nel soffitto, accanto agli innumerevoli stemmi
dei Chiaromonte, campeggiano gli emblemi araldici delle famiglie con
loro imparentate. Nel complesso, le armi raffigurate sulle travi e sulle
mensole ricoprono una superficie talmente ampia che, sotto il profilo
quantitativo, si collocano al secondo posto come tema iconografico,
dopo le storie bibliche, cavalleresche ed epiche 110 .
Da abile regista, certamente Manfredi III predispose la scenografia
del suo sontuoso funerale, che comportò un esborso di denaro ecces-
sivo (più di 480 onze) e pesò sulle spalle della vedova e delle figlie, ma
dovette lasciare un ricordo indelebile nei cittadini di Palermo 111 . La
sua morte e la mancanza di eredi maschi legittimi posero fine alla sto-
ria di una famiglia che aveva giocato a lungo un ruolo di primo piano
nelle vicende politiche siciliane e, a tratti, anche italiane. Il destino dei
Chiaromonte finì nelle mani di due figli naturali: Andrea, vicario per
un solo anno, ed Enrico II, che controllò Palermo dal 1394 al 1397 112 ,
penalizzati da mosse false, mancanza di fondi e limiti personali più
che dalla loro illegittimità.
La storia dei destini incrociati tra la famiglia Chiaromonte e le casate
Ventimiglia e Palizzi mostra l’importanza cruciale della diplomazia matri-
moniale, che consentì ai Chiaromonte di creare una fitta ragnatela, di
collegarsi ai principali lignaggi isolani e rimase sempre uno snodo essen-
ziale della politica familiare. I legami creati dalle strategie matrimoniali
consentivano di intessere una trama complessa e articolata che poneva
al centro delle relazioni il sangue e l’onore, ma l’esercizio del potere non
poteva prescindere dall’arte di governare e dalle capacità belliche. Oltre
al peso delle alleanze politico-matrimoniali, emerge l’intreccio inestrica-
bile di vita pubblica e vita privata, il pesante fardello economico delle doti
di paraggio che svenavano le famiglie, il valore decrescente del corredo
man mano che si andava dalla primogenita all’ultimogenita.
109 G. Boccaccio, Amorosa visione, Moutier, Firenze, 1833, cap. XLIII, verso 32.
110 G. Travagliato, Un monte in cinque colline. La figurazione araldica del soffitto della
Sala Magna chiaromontana ne La Cartagine Siciliana di Agostino Inveges e nel mano-
scritto Armi depinte nel tetto della Sala del Stiero di Vincenzo Auria, in M.C. Di Natale,
M.R. Nobile, G. Travagliato (a cura di), Chiaromonte cit., p. 131.
111 G. Pipitone Federico, I Chiaramonti di Sicilia, G. Pedone-Lauriel, Palermo, 1891,
pp. 53-55.
112 P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte cit., pp. 86-98. Come Manfredi III, Enrico era
sostenuto da Ladislao di Durazzo, re di Napoli, e dal papa romano Bonifacio IX (Ivi, p. 90).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)