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Scrivere l’altro. Una ricerca in corso sulla costruzione delle differenze...   323


                    delle  patenti  di  emancipazione  concesse  agli  schiavi  battezzati  dai
                    Conservatori di Roma si rivela un caso di studio di sicuro interesse:
                    un contesto limitato, ma di innegabile portata proprio per lo spazio
                    urbano, religioso e politico in cui andò in scena, e che permette di
                    smontare passo passo i costrutti dell’alterizzazione e, nel farlo, di ri-
                    flettere ad ampio raggio su un laboratorio di produzione di tassonomie
                    identitarie.


                    3. La libertà di Nicolao

                       Tra il 1516 e il 1787, l’applicazione del breve Dignum et rationi, con
                    cui nel 1566 Pio V aveva confermato ai Conservatori l’antico privilegio
                    di «libertate donari et Romani cives liberique homines» agli schiavi bat-
                    tezzati che ne avessero fatto richiesta, assicurò la libertà a circa 900
                    persone. La procedura di restitutio ad libertatem si svolgeva in Campi-
                    doglio, era affidata ai notai in servizio presso la magistratura comunale
                    e prevedeva la compilazione di una serie di documenti. Chi sperava di
                    avvalersi di questa opportunità, doveva presentarsi di persona a Roma
                    e certificare la propria fede. Il battesimo era requisito fondamentale
                    per l’accesso alla procedura e bisognava provare di averlo ricevuto, di
                    solito con una fede di battesimo a cui, quando possibile, i candidati
                    affiancavano  ulteriori  attestazioni.  Nel  Mediterraneo  delle  apostasie
                    continue e intersecate, questo meccanismo di liberazione costituiva
                    un’eccezione e poteva capitare che i padroni abbandonati si rivolges-
                    sero alle autorità romane per provare a impedire la manomissione for-
                    zosa dei loro servi in fuga paventando conversioni di facciata, a cui
                    avrebbe fatto seguito, inevitabilmente, il ritorno tra gli infedeli. L’esi-
                    bizione  di  testimonianze  giurate  sul  buon  comportamento  cristiano
                    dello schiavo mirava, per l’appunto, a dissipare questi dubbi.
                       A sostegno delle proprie istanze, gli schiavi presentavano dossier
                    assai compositi, che potevano comprendere moduli prestampati sulla
                    partecipazione alle quarantore o al giro delle sette chiese, dichiarazioni
                    di  conoscenti  per  confermare  l’ascolto  regolare  della  messa  in  altre
                    città e atti ufficiali di varia natura, quali, ad esempio, le patenti firmate
                    dalla Casa dei Catecumeni di Roma. Tali carte andavano a comporre
                    il fascicolo dell’aspirante civis e, una volta verificate, venivano rilegate
                    insieme, spesso in maniera disordinata. Questi documenti sono poi
                    confluiti in volumi miscellanei conservati sotto le diciture Registro di
                    lettere patenti e Giustificazioni per la libertà degli schiavi, in serie ap-
                    parentemente  discontinua  e  soltanto  a  partire  dal  1659,  almeno  a
                    quanto emerso fino ad ora. Le restitutiones vere e proprie furono, in-
                    vece,  stilate  sulle  grandi  pagine  dei  registri  di  ascrizione  alla  citta-




                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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