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324 Serena Di Nepi
dinanza romana dal 1516, prima data oggi disponibile – e con evidente
sfasatura cronologica tra le due serie. Questi documenti ufficiali si li-
mitavano a poche righe (intorno alle cinque), in cui il notaio identifi-
cava l’intestatario dell’emancipazione attraverso il nome ricevuto alla
nascita, quello assunto dopo il battesimo per i neofiti, la provenienza,
i passaggi di proprietario, i luoghi rilevanti e, ma non sempre, una
sintetica descrizione fisica .
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Il confronto tra queste due serie, svolto per ora a campione per i
decenni in cui entrambe son sopravvissute fino a noi, svela qualcosa
in più sul meccanismo, sulle sue logiche interne e sulle scelte di volta
in volta compiute nell’implementazione della normativa. Tale compa-
razione, per quanto ancora non sistematica, apre la via a considera-
zioni sia sulla gestione interna delle richieste che approdavano in
Campidoglio sia, d’altro canto, proprio sulla differenza e sul modo in
cui veniva osservata e rappresentata dai notai. Questi testi, che dove-
vano permettere l’identificazione univoca del soggetto titolare del pri-
vilegio, obbligavano i loro autori a una continua composizione e scom-
posizione di quanto sapevano su mondi e culture lontane nel momento
in cui, proprio grazie ai loro scritti, la società cristiana si preparava ad
integrarli formalmente. Era un percorso difficile e irto di ostacoli, in
cui, inevitabilmente, a un certo punto, ciò che risultava un po’ più
altro nella scala della diversità comunemente accettata finiva per su-
scitare dubbi e creare problemi. Vediamo un esempio concreto per ca-
pire perché.
Il 16 luglio del 1660, i Conservatori deliberarono l’emancipazione di
«Nicolaus Schiattinus de Biserta», che, stando al testo della restitutio,
risultava aver preso il nome del padrone genovese, pur essendo, a
quanto pareva, nato cristiano nel porto corsaro sulle coste tunisine .
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I primi contatti di Nicolao con il Campidoglio risalivano, però, al 9 feb-
braio 1659 e cioè al momento in cui Georgius Bustronius, uno dei notai
segretari dei Conservatori, aveva iniziato a validare la sua documen-
tazione. Il fascicoletto di Nicolao comprendeva un certificato rilasciato
nella basilica di s. Pietro che attestava come, di frequente, questi
avesse assistito alla messa e si fosse confessato regolarmente. Ad ar-
ricchire la cartella, due testimonianze giurate, la prima relativa al suo
periodo palermitano e la seconda a quello genovese, che riportava
16 Per una prima presentazione della fonte e della vicenda, vedi di chi scrive, Le
Restitutiones ad libertatem di schiavi a Roma in età moderna: una ricerca su un fenomeno
trascurato (1516-1645), in «Dimensioni e problemi della ricerca storica» (2013), pp. 26-
52. Per una discussione ampia della questione, mi permetto di rimandare ora al mio I
confini della salvezza. Schiavitù, conversione e libertà nella Roma di età moderna, Roma,
Viella, 2022.
17 Cred. 11, t. 21, cat. 0838, strag. 97, c. 177v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)