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656 Pierre Niccolò Sofia
rimangano ‘oziosi’ ; far prosperare la navigazione e la flotta mercan-
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tile; aumentare le entrate dello Stato attraverso i dazi e le imposte sui
consumi. In questo schema, i prodotti manifatturieri della Dominante
giocano il ruolo di punta di diamante dei traffici, la cui esportazione
permette di ottenere in concambio le merci e le materie prime straniere,
peraltro evitando, in tutto o in parte, l’esborso di numerario . In altre
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parole, secondo questa visione, i prodotti votati all’esportazione svol-
gono la funzione di fluidificazione degli scambi.
Avere a disposizione un prodotto manifatturiero che è richiesto in
grandi quantità su praticamente tutti i mercati euro-mediterranei e
nella cui produzione si è leader costituisce quindi un aspetto cruciale
nel quadro della logica commerciale veneziana, anche nel caso di pro-
dotti di nicchia.
4.1. Perle veneziane e carovane orientali
Alessandria d’Egitto e Alessandretta (İskenderun, porto di Aleppo)
sono i due snodi che redistribuiscono le perle veneziane verso il Medio
Oriente, l’Oceano Indiano e l’Africa centro-orientale. In Siria, esse se-
guono in un primo tempo la rotta carovaniera Aleppo-Baghdad-Bas-
sora, dove la maggior parte è caricata sulle navi mercantili dirette a
Surat e in Bengala. In Egitto, la piazza del Cairo rappresenta un cro-
cevia per tre rotte commerciali di diversa portata. La principale va dal
Cairo a Gedda, dove i mercantili arabi, persiani, indiani, malesi, inglesi
e francesi caricano le perle per trasportarle a Surat, Mumbai e in Ben-
gala. In parallelo, la capitale egiziana è il punto di arrivo di due caro-
vane terrestri, che i veneziani chiamano de’ Gelabbi , di cui una, la
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principale, collega l’Alto Egitto con i regni del Darfour e del Wadai,
l’altra, minore, proviene dal regno di Sennar, tappa sulle rotte dirette
in Etiopia.
Il commercio delle perle di vetro tra Venezia e le piazze ottomane
dell’Alto Levante è gestito principalmente dai negozianti ebrei vene-
ziani, come mostrano i dispacci consolari e i manifesti di esporta-
44 D’altro canto, nell’Europa d’antico regime il lavoro è per i poveri un «dovere morale,
la loro missione cristiana», C. Maitte, Quale tempo per il lavoro?, in Renata Ago (a cura
di), Storia del lavoro in Italia. L’età moderna cit., pp. 135-174, p. 137.
45 Asve, Vsm, Prima serie, b. 183, c. 139v-142v; ivi, b. 184, c. 144r -153v; ivi, b. 188,
c. 1r-11v; ivi, b. 190, c. 94r-96r; ivi, b. 195, c. 155 v-163r; ivi, b. 200, c. 25r-29r.
46 Asve, Vsm, Prima serie, b. 639, c. 38 (29.04.1749). Si tratta dell’italianizzazione
del termine ğallābīn designante i mercanti africani e, in seguito, i mercanti africani di
schiavi, A. Raymond, Artisans et commerçants au Caire au XVIII e siècle, vol. I, Institut
Français de Damas, Damasco, 1973, p. 160.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)