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                successivamente spinto a promuoverne l’insegnamento presso l’Uni-
                versità di Napoli, dove si sarebbero formati i funzionari che lo asse-
                condarono nella tendenza verso l’assolutismo monarchico. Nella corte
                alfonsina di Gaeta, in cui visse fino alla conquista paterna di Napoli,
                Ferrante ebbe la possibilità di entrare in contatto con Lorenzo Valla –
                dotto umanista autore di una biografia del nonno Ferdinando – che
                per un decennio, dal 1437 al 1447, vi prestò servizio in qualità di se-
                gretario del Magnanimo. Il Valla, come è noto, si occupò della vertenza
                di carattere giurisdizionale tra il re di Napoli e la Santa Sede e in difesa
                dei diritti regi scrisse la famosa opera De falsa et ementita Constantini
                donatione. Con tale scritto il funzionario di Alfonso evidenziava la fal-
                sità della donazione di Costantino alla Chiesa, documento apocrifo su
                cui tradizionalmente i pontefici basavano tra l’altro la loro presunta
                alta sovranità sul Regno di Napoli, dando così notevole impulso alle
                mire assolutistiche della corte napoletana. Altro insigne intellettuale
                frequentato a Gaeta dal giovane Ferrante fu Antonio Beccadelli, detto
                il Panormita, che, come risulta da un documento posteriore, ebbe dal
                Magnanimo l’incarico di provvedere all’educazione del figlio, del cui
                arrivo nel Regno di Napoli il re diede peraltro immediata notizia al duca
                di Milano Filippo Maria Visconti .
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                   Sul grado di cultura acquisita dal secondo esponente della dinastia
                aragonese di Napoli vi sono tuttavia giudizi contrastanti. Sotto l’in-
                fluenza della tradizione che ne dipinge a tinte fosche la figura, parte
                degli studiosi ritiene che sia rimasto ben al di sotto del livello culturale
                raggiunto dal padre. Per altri osservatori, invece, dalla frequentazione
                di alcuni dei maggiori intellettuali del tempo Ferrante avrebbe tratto
                notevole profitto e perciò – afferma Pietro Giannone – «allevato […] tra’
                letterati, divenne ancor egli non pur amante de’ letterati ma letteratis-
                simo» . A testimonianza della perfetta padronanza della lingua latina
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                di Ferrante e delle sue doti letterarie, il Summonte trascrive tre delle
                Epistole militari, a lui attribuite ma più probabilmente redatte dal suo
                segretario. Si tratta di lettere inviate al papa Pio II – al secolo l’illustre
                umanista Enea Silvio Piccolomini – per informarlo di alcuni importanti
                episodi avvenuti durante la prima sollevazione baronale. Con la prima
                missiva il sovrano napoletano comunicava al pontefice di essere scam-
                pato a un attentato ordito dal cognato Marino Marzano, principe di
                Rossano. Il papa era messo poi al corrente dell’esito della battaglia
                combattuta a Sarno contro le milizie guidate dal principe di Taranto,
                Giovanni Antonio Orsini, ed era infine informato della conquista della


                   17   V.  Laurenza,  Il  Panormita  a  Napoli,  in  «Atti  dell’Accademia  Pontaniana»,  XLII
                (1912), p. 84.
                   18  P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Venezia 1766, Libro XXVII, p. 327.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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