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Sguardi mediterranei sulla «civiltà olandese del Seicento»: il caso toscano 753
È un incarico a cui il figlio del defunto maestro di campo di Sua Al-
tezza, con abilità mutuata secondo i funzionari granducali dall’attitudine
al rilievo grafico propria degli ufficiali logistici di ambito militare, dette
effetto sotto forma di un quaderno di meravigliosi disegni oggi splendida-
mente editi 105 , ma attorno alla concezione del quale affiorano, qua e là,
elementi di una più generale visione, di un approccio mentale, ovvero di
uno sguardo ‘culturale’ attraverso il quale si percepiscono e rappresen-
tano in Toscana i Paesi Bassi del Secolo d’oro. Non si può non notare,
infatti, come il testo parli, in una sorta di lunga durata dello sguardo
umanistico rinascimentale, di «spirito e capacità» dell’individuo e di «pro-
vincie più culte d’Europa», fusi e connessi ad un quasi pre-illuministico
interesse per il «godimento ed utilità» dei sudditi.
Ancora dall’ Istruzione granducale emerge, tra l’altro, una concezione
geografica di fondo dei Paesi Bassi, come quando si avvisa che il viaggia-
tore, passata Magonza, «per il corso del Reno andrà calando alla volta del
Paese Basso» 106 . Si trattava evidentemente, nella visione summenzionata,
di un Paese che al fondo, in maniera non troppo dissimile da quanto po-
tenzialmente ricostruibile in un teatro sperimentale come quello dell’Ac-
cademia del Cimento per osservare lo scorrimento di un liquido su un
piano inclinato, era costituito dalla discesa di una pianura in una pen-
denza a sua volta determinata dal corso del più importante fiume d’Eu-
ropa. L’accesso al «Paese Basso» come transito fluviale (renano) da
un’area propriamente ‘terrestre’ ad una promiscua, dominata dall’alter-
nanza e commistione di ambienti terrestri ed acquatici era stato descritto,
come visto, dal veneziano Francesco Belli negli anni ’30 del secolo XVII,
così come il difficile ‘farsi’ antropico e geo-politico di una regione all’epoca
ancora in lotta per la propria indipendenza, sorgendo in un’area che,
come abbiamo osservato, ancora uno dei massimi geografi del Rinasci-
mento, Sebastian Münster, non distingueva come univocamente appar-
tenente né all’antica Gallia né all’antica Germania. Una regione, si po-
trebbe dire, in cui il tempo vorticoso di eventi umani quali le guerre (ai
tempi del viaggio di Guerrini si era da poco conclusa la Guerra degli Ot-
tanta anni, ma essa era ancora ben visibile nei suoi ‘postumi’ architetto-
nici: fortificazioni abbandonate, terrapieni divelti, fossati arenatisi) ten-
tava con fatica di determinare segni distintivi che i tempi lunghi della
natura non le avevano fornito: una terra distinta e delimitata, nelle sue
articolazioni ‘geopolitiche’, più dall’ostinazione degli uomini che non dalla
nettezza e univocità delle forme della natura. Ancora nell’Istruzione della
cancelleria granducale si raccomandava infatti a Guerrini che osservasse
«tutto quello che sia rimarcabile nelle città più celebri, come Coblenz, Co-
lonia, Vesel etc», e che «dove poi si dirama il Reno nel Vahal vi sarà da
105 Cfr. Il viaggio in Europa di Pietro Guerrini cit., Vol. II, Disegni e Indici.
106 Ivi (Istruzione per il viaggio), Vol. I, p. 5.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)