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Il Mediterraneo, l'Italia e il fascismo nelle pagine di Pietro Silva   813


                    anche la prospettiva delineata nell’edizione del 1936 nella quale l’Ita-
                    lia, divenuta grande potenza e soddisfatta dell’Impero, doveva ambire
                    a un futuro di necessario accordo con gli altri attori mediterranei. Un
                    futuro di pace necessario alla ripresa della prosperità mediterranea
                    e, dunque, secondo la tesi primigenia dello storico parmense, a quella
                    italiana.
                       Come un organo estraneo innestato in un corpo vivo, invece, que-
                    ste pagine finali gettavano una luce retrospettiva assai diversa sugli
                    avvenimenti, ricalcando i motivi della retorica bellica della dittatura.
                    Fu, dunque, soprattutto questa nuova conclusione la responsabile
                    dell’oblio totale dell’opera. La spiegazione, apparentemente, poteva
                    essere molto semplice: si era nel pieno della guerra mondiale e Silva
                    aveva deciso di appoggiare lo sforzo bellico della nazione seguendo
                    quell’orgoglio che era trapelato con la fondazione dell’impero. Meno
                    di dieci pagine che parlavano di aperta e provocatoria opposizione del
                    blocco franco-inglese all’Italia, di «naturali aspirazioni» come tradu-
                    zione del concetto di «spazio vitale» tedesco, che occhieggiavano alla
                    lettura del conflitto mondiale come «guerra di liberazione da un cer-
                    chio che le Potenze occidentali avevano stretto intorno alla Penisola,
                    guerra  imperiale  per  la  difesa  e  per  il  futuro  organico  sviluppo
                    dell’Impero africano, guerra rivoluzionaria di una nazione giovane e
                    feconda contro i detentori delle materie prime e del monopolio finan-
                    ziario» , con stile e retorica in cui si stentava addirittura a ricono-
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                    scere la penna dell’autore.
                       E infatti, la conclusione decisamente rimaneggiata dell’ultima edi-
                    zione non era opera di Silva, peraltro gravemente colpito da un male
                    che lo rendeva inabile già nel 1940. Esasperando i toni della retorica
                    fascista e avallando l’interpretazione del nuovo impegno bellico della
                    nazione  come  «guerra  di  liberazione»,  l’ultimo,  breve,  capitolo  era
                    stato voluto da Carlo Morandi per le edizioni Ispi, tradendo in effetti
                    il senso dell’intera opera e le ragioni del suo autore .
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                       Cosa rimaneva, dunque, il Mediterraneo di Silva privato di que-
                    sta  insincera  retorica,  frutto,  peraltro,  estraneo  alla  volontà  e
                    all’opera dell’autore? Era, si potrebbe dire, lo spazio della storia po-
                    litica, lo spazio della relazione degli attori mediterranei pur se con i
                    limiti che abbiamo cercato di tratteggiare. Maneggiando questa ma-
                    teria  incandescente,  lo  storico  si  era  spinto,  a  suo  modo,  in  una



                       54  Id., Il Mediterraneo dall’unità di Roma all’Impero Italiano cit., p. 508.
                       55  Su questo si veda L. Micheletta, Pietro Silva storico delle relazioni internazionali
                    cit., p. 520 e A. Montenegro, Politica estera e organizzazione del consenso. Note sull’Isti-
                    tuto per gli Studi di politica Internazionale (1933-1943), «Studi Storici», A. 19, n. 4 (1978),
                    p.777-817.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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