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576 Isabella Cecchini
i portici fitti di botteghe. A sinistra sul Campo la colonna in porfido
rosso, con la scala cinquecentesca sorretta da una figura accovacciata
in pietra (il Gobbo), identificava uno dei luoghi ufficiali per comunicare
editti e bandi; a destra, l’orologio sul registro superiore della facciata
di San Giacomo scandiva il movimento delle ore.
2. Una piazza per chi?
Istituzioni ‘miste’, controllate dalle autorità pubbliche ma rego-
late sulla base di usi ‘privati’ perché nati dalle consuetudini dei
mercanti e di chi lavorava per loro, le piazze (come le borse) funzio-
navano secondo usi specifici e autodisciplinati, usi sui quali solita-
mente si sa pochissimo. Anche lo spazio della piazza di Rialto era
stato creato e organizzato dall’autorità pubblica, soprattutto con la
ricostruzione dopo il 1514, ma si conformava a usi e consuetudini
proprie cadenzandosi secondo il proprio ritmo, l’«hora solita» cui
molti documenti fanno riferimento. A differenza del Broglio di Piazza
San Marco, dove la mattina «a niuno è lecito l’entrarvi» , tuttavia,
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alla piazza di Rialto non vi erano limiti di accesso. E per far parte
del gruppo dei mercanti all’ingrosso (i principali fruitori dello spazio
della piazza realtina) non era necessario superare alcuna barriera
all’entrata, né tantomeno si era sottoposti ad alcuna registrazione .
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29 Forestiere illuminato intorno le cose più rare, e curiose, antiche, e moderne della
Città di Venezia, e dell’Isole circonvicine, presso Giovambattista Albrizzi, Venezia, 1740,
p. 39. Il nome di broglio veniva attribuito alla pratica di discutere (e contrattare) le no-
mine con l’appoggio di un gruppo di elettori: tutte le cariche del governo veneziano erano
esclusivamente assegnate a turnazione a membri del patriziato urbano, ad esclusione
di un numero ristretto di eletti a vita. L’elezione ad un ufficio implicava non soltanto
una posizione di qualche (più o meno ampio) potere, ma soprattutto garantiva un in-
troito che in molti casi aiutava a sostenere la famiglia impoverita di un candidato. D.
Raines, Office seeking, broglio, and the pocket political guidebooks in Cinquecento and
Seicento Venice, «Studi Veneziani», N.S., 22 (1991), pp. 137-194.
30 Dal 1535 l’ufficio dei Provveditori sopra Banchi, creato nel 1524, raccoglieva i
nomi dei soci nelle varie compagnie commerciali (W. Panciera, Fiducia e affari nella so-
cietà veneziana del Settecento, CLEUP, Padova, 2001). Le liste non erano pensate per
offrire una registrazione societaria pubblica; si trattava invece di una prassi necessaria,
quella di conoscere chi aveva la facoltà di agire per conto di una società, per evitare
eventuali frodi sui trasferimenti nei conti bancari. Tali trasferimenti a Venezia venivano
effettuati a voce, dato che sia i banchi privati sia in seguito i banchi pubblici avevano
sede nello stesso spazio di Rialto, ovvero nei portici attorno alla chiesa di San Giacomo.
Dunque, chi dava ordine di trasferire ad altro conto doveva essere persona autorizzata
a farlo. G. Luzzatto, Les banques publiques de Venise (Siècles XVI – XVIII), in J.G. Van
Dillen ed., History of the Principal Public Banks, Martinus Nijhoff, The Hague, 1934, pp.
39-78; R. Mueller, The Venetian Money Market. Banks, Panics, and the Public Debt, 1200-
1500, Johns Hopkins University Press, Baltimore - London, 1997, pp. 44-45.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)