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Facilitare gli affari. La piazza di Rialto e il ruolo del governo attorno al 1669 577
Piuttosto, erano gli spazi commerciali concessi ai non veneziani (e
in certa misura ai sudditi) a essere diversi, dato che tradizional-
mente già nel Medioevo agli stranieri era impedito il commercio di-
retto con gli scali del Levante così come l’associarsi a compagnie
con soci veneziani.
In misura crescente nel corso del sedicesimo e del diciassettesimo
secolo la differenza tra veneziani e stranieri consisteva in una diversa
contribuzione daziaria: i forestieri pagavano di più per il transito, la
conduzione e l’esportazione di merce da Venezia, e incontravano una
serie di ostacoli nel servirsi di navi non veneziane. Dal punto di vista
economico, quello della pura convenienza, una simile disparità tra ve-
neziani e non veneziani costituiva un vulnus sostanziale per un go-
verno che continuava a voler accentrare in laguna le merci in entrata
e in uscita dall’Adriatico. I mercanti «non si applicano à negotij, se non
quando vi possi concorrere il commodo; e dove non vi è guadagno, si
ritirano dal capitare con loro mercanzie e negotij», ribadiva un mer-
cante fiorentino ai rappresentanti del governo nel 1655 . Di questo le
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autorità erano ben consapevoli, e comunque non riuscivano ad elimi-
nare le contraddizioni. Ad esempio, numerose esenzioni venivano con-
cesse ai forestieri proprietari di navi affinché le mettessero a disposi-
zione delle necessità militari del governo; ma, appena conclusa la
guerra nel 1669, i rappresentanti dei mercanti della piazza si augura-
vano che le franchigie concesse dal 1646 alle navi straniere, che ave-
vano ottenuto il permesso di «caricar dalle scalle di Levante, Allessan-
dria, e Soria ogni sorte di mercantia per questa città, et da essa estra-
her pur per i viaggi loro ogni sorte di esse», venissero cancellate, a
favore dei vettori veneziani . La questione (sostanzialmente un pro-
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blema di concorrenza) avrebbe potuto essere risolta con l’istituzione di
porto franco, come effettivamente si verificò a partire dal 1662; l’espe-
rienza tuttavia si rivelò fallimentare, e fu dichiarata chiusa una ven-
tina d’anni dopo .
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31 Asve, Csm, Prima serie, Risposte, reg. 155, cc. 67r-69v, 20 dicembre 1655.
32 Asve, Csm, Prima serie, Risposte, reg. 156, cc. 10v-14v, 30 dicembre 1669.
33 M. Costantini, La regolazione dei dazi marittimi e l’esperienza del «portofranco» a
Venezia tra il 1662 e il 1684, in A. Di Vittorio (a cura di), La finanza pubblica in età di
crisi, Cacucci, Bari, 1993, pp. 77-88. Per Costantini il concetto di porto franco, concepito
come un porto di scalo, non poteva adattarsi a Venezia, situata al termine di un mare
stretto che aveva garantito alla città un ruolo importante come emporio e come inter-
mediario con l’Europa continentale. M. Costantini, Dal porto franco al porto industriale,
in A. Tenenti, U. Tucci (a cura di), Storia di Venezia. Temi. Il mare, Istituto della Enci-
clopedia italiana, Roma, 1991, pp. 879-914 (p. 879). Sugli sviluppi settecenteschi si
veda G. Delogu, «Venezia atlantica». Per un’analisi economica e culturale dell’impatto dei
generi coloniali nel secondo Settecento, «RiMe», 8, f. I (2021), pp. 129-146.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)