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                effetto, che per vedersi insieme, & per instrinsicarsi ragionando à
                fine di conseruar sempre l’vnione, & la concordia fra loro» . La più
                                                                          40
                completa revisione della Venetia, data alle stampe nel 1663 con l’ag-
                giunta delle numerose opere d’arte e architettura apparse negli ot-
                tant’anni precedenti, non cambiava né aggiungeva nulla alla descri-
                zione di Rialto . Sicuramente il fulcro di Venetia città nobilissima
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                non era più, a metà Seicento, la visione di una città e del suo go-
                verno,  quanto  piuttosto  una  illustrazione  delle  «Maraviglie
                dell’arte», per utilizzare il titolo di una fortunata opera di Carlo Ri-
                dolfi (1648) dedicata a illustrare la scuola pittorica veneziana e i
                suoi  collezionisti.  Ma  con  ogni  probabilità  la  descrizione  non  era
                affatto  cambiata  perché  i  mercanti  continuavano  a  radunarsi  dal
                lato della «pietra del bando», nel sottoportico in faccia a San Gia-
                como di Rialto, dove si sviluppava la Calle della Sicurtà con i banchi
                degli assicuratori disposti nella calle lunga e stretta, e dove si tro-
                vavano  i  tavoli  dei  quadernieri  che  registravano  le  operazioni  al
                Banco della Piazza e poi al Banco del Giro (Figura 5).
                   Quasi certamente nei portici a destra, tuttavia, non vi si radunava
                più ogni mattina «gran parte della nobiltà».
                I mercanti non veneziani, sempre più numerosi, davano prova di una
                certa compattezza: si organizzavano in gruppi con interessi precisi,
                presentavano al governo memoriali e proposte, eleggevano i propri
                rappresentanti per trattare con le autorità questioni di interesse ge-
                nerale . La capacità di ottenere agevolazioni nel pagamento dei dazi
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                (e se ne potevano più facilmente ottenere agendo in gruppo) restava
                infatti un elemento essenziale per la riuscita negli affari. Chi non era
                veneziano per nascita poteva aspirare a una cittadinanza elettiva in
                due  gradi,  purché  risiedesse  stabilmente  a  Venezia  trasferendovi
                contatti, reti, affari, e soprattutto contribuendo al pagamento delle
                imposte. La cittadinanza de intus abilitava al commercio locale con il
                requisito di quindici anni di residenza (ridotti a otto nel caso in cui
                si fosse sposata una veneziana) e il pagamento delle imposte e dei
                dazi come forestieri; la cittadinanza de intus et extra dava accesso al
                commercio internazionale con le stesse prerogative dei patrizi e dei
                cittadini originari, ovvero con le medesime facilitazioni doganali e le
                stesse precedenze di carico su navi veneziane negli scali. Il requisito
                per il secondo grado di cittadinanza (de intus et extra) era stato sta-
                bilito nel 1305 in venticinque anni di residenza, e nonostante potesse


                   40  Ibidem.
                   41  F. Sansovino, G. Martinioni, Venetia città nobilissima et singolare, descritta in XIIII
                libri, appresso Stefano Curti, Venezia, 1663.
                   42  U. Tucci, Mercanti, navi, monete nel Cinquecento veneziano, il Mulino, Bologna,
                1981, p. 80.



                Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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