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580 Isabella Cecchini
effetto, che per vedersi insieme, & per instrinsicarsi ragionando à
fine di conseruar sempre l’vnione, & la concordia fra loro» . La più
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completa revisione della Venetia, data alle stampe nel 1663 con l’ag-
giunta delle numerose opere d’arte e architettura apparse negli ot-
tant’anni precedenti, non cambiava né aggiungeva nulla alla descri-
zione di Rialto . Sicuramente il fulcro di Venetia città nobilissima
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non era più, a metà Seicento, la visione di una città e del suo go-
verno, quanto piuttosto una illustrazione delle «Maraviglie
dell’arte», per utilizzare il titolo di una fortunata opera di Carlo Ri-
dolfi (1648) dedicata a illustrare la scuola pittorica veneziana e i
suoi collezionisti. Ma con ogni probabilità la descrizione non era
affatto cambiata perché i mercanti continuavano a radunarsi dal
lato della «pietra del bando», nel sottoportico in faccia a San Gia-
como di Rialto, dove si sviluppava la Calle della Sicurtà con i banchi
degli assicuratori disposti nella calle lunga e stretta, e dove si tro-
vavano i tavoli dei quadernieri che registravano le operazioni al
Banco della Piazza e poi al Banco del Giro (Figura 5).
Quasi certamente nei portici a destra, tuttavia, non vi si radunava
più ogni mattina «gran parte della nobiltà».
I mercanti non veneziani, sempre più numerosi, davano prova di una
certa compattezza: si organizzavano in gruppi con interessi precisi,
presentavano al governo memoriali e proposte, eleggevano i propri
rappresentanti per trattare con le autorità questioni di interesse ge-
nerale . La capacità di ottenere agevolazioni nel pagamento dei dazi
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(e se ne potevano più facilmente ottenere agendo in gruppo) restava
infatti un elemento essenziale per la riuscita negli affari. Chi non era
veneziano per nascita poteva aspirare a una cittadinanza elettiva in
due gradi, purché risiedesse stabilmente a Venezia trasferendovi
contatti, reti, affari, e soprattutto contribuendo al pagamento delle
imposte. La cittadinanza de intus abilitava al commercio locale con il
requisito di quindici anni di residenza (ridotti a otto nel caso in cui
si fosse sposata una veneziana) e il pagamento delle imposte e dei
dazi come forestieri; la cittadinanza de intus et extra dava accesso al
commercio internazionale con le stesse prerogative dei patrizi e dei
cittadini originari, ovvero con le medesime facilitazioni doganali e le
stesse precedenze di carico su navi veneziane negli scali. Il requisito
per il secondo grado di cittadinanza (de intus et extra) era stato sta-
bilito nel 1305 in venticinque anni di residenza, e nonostante potesse
40 Ibidem.
41 F. Sansovino, G. Martinioni, Venetia città nobilissima et singolare, descritta in XIIII
libri, appresso Stefano Curti, Venezia, 1663.
42 U. Tucci, Mercanti, navi, monete nel Cinquecento veneziano, il Mulino, Bologna,
1981, p. 80.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)