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Facilitare gli affari. La piazza di Rialto e il ruolo del governo attorno al 1669 579
Nel corso del diciassettesimo secolo un numero crescente di fo-
restieri frequentava Rialto, sostituendosi nell’organizzare i com-
merci su lunga distanza (in particolare quelli marittimi) all’iniziativa
del ceto al governo – quello patrizio – che tradizionalmente li aveva
accentrati su di sé. È noto come la ragione principale risieda in un
tema storiografico dibattuto a lungo e non ancora completamente
esplorato, ovvero l’allontanamento dal commercio da parte della
classe dirigente. La trasformazione dell’economia veneziana da un
sistema basato sul commercio a lunga distanza in uno costruito sul
consumo e sulle rendite agrarie allontanava i principali interessati
al commercio internazionale (sempre meno identificati con i patrizi
al governo) da quelli interessati alle rendite (in misura preponde-
rante famiglie patrizie, alcune delle quali protagoniste di una im-
pressionante concentrazione della ricchezza nel corso del diciasset-
tesimo e diciottesimo secolo) . Un simile e progressivo distacco
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contribuiva ad allargare una frattura nella tradizionale politica eco-
nomica veneziana, che – nella sintesi di Frederic Lane – tradizional-
mente individuava il gruppo di governo nei diretti interessati ai traf-
fici con il Levante, in grado di mettere in atto una serie di incentivi
e di barriere che potessero favorirli (il celebre Senato come «consi-
glio di amministrazione» nel quindicesimo secolo) .
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Che fossero i forestieri ad animare la piazza non costituiva una
novità. Secondo la descrizione di Rialto offerta da Francesco San-
sovino nella sua Venetia città nobilissima et singolare (1581), «doue
è la pietra del bando, i sopportighi sono ogni giorno frequentati da
i mercanti Fiorentini, Genouesi, Milanesi, Spagnuoli, Turchi, & d’al-
tre nationi diuerse del mondo, i quali vi concorrono in tanta copia,
che questa Piazza è annouerata fra le prime dell’Vniuerso» . A San-
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sovino premeva dare una visione concorde e perfetta della città e
del suo governo, per cui premetteva come sul campo di San Gia-
como, sotto i portici a destra, «vi s’aduna ogni mattina, quasi su la
hora sesta, gran parte della nobiltà: & vi si aduna non per altro
37 L. Pezzolo, The Venetian Economy, in E. Dursteler ed., A Companion to Venetian
History, 1400-1797, Brill, Leiden and Boston, 2013, pp. 255-289.
38 F. Lane, I mercanti di Venezia, Einaudi, Torino, 1982, pp. 40-41. Sugli incentivi
disponibili ai patrizi si consenta di rinviare a I. Cecchini, L. Pezzolo, Merchants and
institutions in early-modern Venice, «The Journal of European Economic History», 41, n.
2 (2012), pp. 87-114. La capacità di unirsi (attraverso il matrimonio) tra casate potenti
sembra aumentasse l’accentramento del commercio più redditizio, quello di beni di
lusso provenienti dall’Oriente tramite i convogli di galere, in poche mani, favorendo la
disparità all’interno del patriziato (D. Puga, D. Trefler, International Trade and Institu-
tional Change, «The Quarterly Journal of Economics», 129, n. 2 [2014]), pp. 753-822).
39 F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, descritta in XIIII libri, appresso
Iacomo Sansouino, Venezia, 1581, pp. 133-134.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)