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«Absolutamente no entra obispo si no el que presenta y nombra su Magestad»... 337
pressione sul papa, attraverso l’ambasciatore, perché venisse rispet-
tato il decreto del Concilio di Trento circa la convocazione a Roma dei
vescovi delle sedi siciliane o di altre, pure di patronato regio. In se-
condo luogo, lo stesso ambasciatore avrebbe dovuto vigilare su quei
sudditi della Monarchia che arrivavano a Roma con l’obiettivo di muo-
vere accuse contro tali presuli: questi «vassalli» dovevano essere assi-
stiti solo nel caso di cause criminali riguardanti gravi reati e rimandati
invece a casa nel caso di «delitti e vessazioni o cose che nascono
dall’amministrazione della giustizia e altre che la conoscenza di esse
spetterebbe al legato naturale di Sua Maestà in Sicilia».
Il terzo punto si riferiva all’attenzione che i viceré dovevano prestare
all’exequatur regio di tutte le disposizioni pontificie, accertando se conte-
nessero clausole contro i decreti tridentini, la Legazia apostolica, i privi-
legi del regno e le prerogative reali, «y en tal caso ritenerlas, consultando-
las con su Santitad» (come era consuetudine in Spagna). Questo filtro
avrebbe rimediato a tutto: inopportuna convocazione di vescovi a Roma,
estrazione di cause, imputati e testimoni dal regno di Sicilia, nonché no-
mina e invio da parte del papa di vicari apostolici nell’isola. Infine, i viceré
dovevano vigilare in modo particolare affinché le controversie tra le co-
munità cittadine e i vescovi fossero discusse «ante el legado dentro del
Reyno» (cioè attraverso il Tribunale della Regia Monarchia), soprattutto
nei casi riguardanti «singulares en particular, y no a la dicha universidad
en universal». Le prime non si dovevano ammettere in assoluto,
porque muchas veces acuerdan los jurados que estas causas de personas sin-
gulares se sigan a boz, y en nombre de tal universidad a costa de su patrimo-
nio por odio, y vengança, que tienen al tal obispo, y por dar de comer a quatro
alborotadores que buscan estas ocasiones para solicitarlas y aprovecharse con
muchos salarios de los pueblos.
Più in generale, toccava al viceré porre un argine al diffuso abuso
che una città «diga que no quiere» questo o quel vescovo, «persiguién-
doles e infamándoles» . Rimedi a parte, sembra che dopo il fallito ten-
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tativo di nominare Pontano vicario a Messina, la Santa Sede cam-
biasse strategia, favorendo la nomina di cardinali come vescovi delle
diocesi siciliane. Non sorprende che la Corona giudicasse questo tipo
di provvedimento ancora più pericoloso, come scrisse Filippo IV al suo
ambasciatore a Roma nel 1648, essendo i porporati
90 Discurso, cc. 14r-15v. Ovviamente, nelle ultime righe si sottoponeva il Discurso «a
la correción y censura de nuestra madre y Sancta Iglesia Católica Romana y de Nuestro
Muy sancto Padre Urbano Octavo su cabeça vicario de Christo Nuestro Señor». Si trat-
tava del prudente rispetto di una formalità, considerato che nelle prime righe l’anonimo
autore aveva affermato senza mezzi termini che «este advertimiento» non era materia
teologica né di fede, «sino materia canónica y civil sobre jurisdición»: ivi, c. 1r.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)