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«Absolutamente no entra obispo si no el que presenta y nombra su Magestad»...  333


                    erano stati, per di più, «humildes, carniçeros, encarcelados, condena-
                    dos y conspirados, e indignos de crédito y abono, pero esclavos y tur-
                    cos, cosa que tiembla la tierra, y aún en Roma algunos sanctos prela-
                    dos lloran semejante desdicha». Anche in questo caso si era andati
                    contro i dettami tridentini, che per le cause criminali dei vescovi pre-
                    scrivevano il ricorso a testi «mayores de toda exceción y buena conver-
                    saçión, esistimación y fama» . Chiudeva la requisitoria contro le pro-
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                    cedure adottate dal commissario apostolico la denuncia di altre azioni
                    e omissioni «escandalosissimas»: non si erano ascoltati i testi a favore
                    dell’arcivescovo,  né  registrate  le  dichiarazioni  di  inimicizia  di  altri,
                    «contra todo derecho, estilo y pratica de todos los tribunales», senza
                    dire che quelli convocati a Roma erano stati detenuti nel carcere di Tor
                    di Nona .
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                       Il lavoro istruttorio del commissario apostolico riempì ben «dos ar-
                    cas llenas de escripturas y processos originales», che furono inviate a
                    Roma e consegnate all’Uditore della Camera , il quale a sua volta de-
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                    legò il procedimento ad altri «ministros destinados para tratar las cau-
                    sas criminales contra todos los delinquentes y facinorosos del dominio
                    ecclesiástico». Essi esaminarono l’arcivescovo per ben 37 giorni «para
                    hacer volumen de processo y que gane el escrivano de la causa». Tut-
                    tavia, il processo non fu formalizzato e il Proto restò «recluso» in un
                    monastero  «por  molestarlo,  y  como  en  Roma  dicen  mortificarlo»,



                    monsignor don Biagio Lo Proto Arcivescovo di Messina nell’amministratione, et cura pa-
                    storale di detta Chiesa verificati per monsignor Cellesio vescovo di Martorano et Commis-
                    sario nella causa.
                       76  Cfr. Sess. XIII, Decretum super reformatione, can. 7: G. Alberigo et al. (eds.), Con-
                    ciliorum Oecumenicorum Decreta cit., p. 701.
                       77  Discurso, cc. 9v-10r. Cfr., per esempio, Ags, Sp, leg. 1510, Natale Violato e Anto-
                    nello Musarra e Filippo IV (Roma, 25 e 29 novembre 1632). Il primo, che amministrava
                    l’ufficio regio «di giudei criminali» nel paese di Rametta, prima fu incarcerato a Messina
                    «dentro  oscurissimi  damuselli»,  subendo  pressioni  per  deporre  contro  l’arcivescovo
                    Proto, e poi scomunicato con riserva papale; quando si presentò a Roma per farsi assol-
                    vere lo rinchiusero a Tor di Nona, liberandolo soltanto dopo tre mesi e il versamento di
                    500 scudi di «sigurtà che dovesse teneri Roma per carceri». Egli chiudeva la sua lettera
                    al re lamentandosi del fatto che «non vi è memoria di homo che si recordassi che li genti
                    di Sicilia fossero extratti da quel Regno» e che lui era «persona laica che altro superiore
                    non tengo che V. M.tà et soi ministri». Il Musarra, invece, aveva sofferto torture a Mes-
                    sina – «ultimamenti se mi diedi la corda et mi tenne cavalletto per spacio di nove mesi»
                    – e poi a Roma era stato pure tradotto in Tor di Nona senza conoscerne il motivo; di 60
                    anni di età, a Messina aveva lasciato moglie e 6 figli, «et io et loro ci moriamo di fame».
                    Cfr. anche le lettere inviate al re e all’ambasciatore cardinale Borja dal dottor Placido
                    Dainotto (Messina, 10 dicembre 1631).
                       78  «Il Tribunale dell’Auditor Camerae, autonomo dal 1484 rispetto alla Camera Apo-
                    stolica, vantava un’ampia giurisdizione, potenziata poi da Pio IV (1559-65), su chierici
                    e curiali. Le sue vaste e al contempo non ben definite competenze […] ne facevano il più
                    importante tribunale civile a Roma»: I. Fosi, La giustizia del papa. Sudditi e tribunali
                    nello Stato pontificio in età moderna, Laterza, Roma-Bari, 2007, p. 26.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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