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                basandosi non su specifici reati, «sino por lo que hiço el dicho juez de
                la Monarquia contra su reputación, su conçiencia y de su Rey», con-
                segnando al commissario apostolico documentazione riservata . Una
                                                                             79
                volta di più l’autore del Discurso prendeva di mira la condotta del giu-
                dice della Regia Monarchia, ribadendo sarcasticamente alcune pagine
                dopo «que ansí como es ministro del Rey, lo fuera de Roma no lo pu-
                diera hacer con mayor cuydado y diligencia» , interessante testimo-
                                                            80
                nianza di un cortocircuito (per non dire un controsenso) giurisdizio-
                nale che nemmeno i detrattori più irriducibili della Monarchia sicula,
                come il menzionato Baronio o il cardinale Bellarmino – il quale era
                arrivato a definirla addirittura come una «gran blasfemia»  – avreb-
                                                                         81
                bero mai potuto immaginare.
                   Fin qui la versione dei fatti secondo la ricostruzione, certamente
                non imparziale, del Discurso, che non faceva minimamente menzione
                della «doblez» dell’arcivescovo Proto, il quale, come scriveva il viceré
                Albuquerque al sovrano,

                a un mismo tiempo atropellava los vasallos de V. Magestad y inpugnava la
                jurisdición de la [Regia] Monarquía con escritos a la Congregación pensando
                con este escudo defenderse de Roma, y aora que vee no le [h]a salido bien la
                traza, dije que padeze por el servicio de V. Mag.d y porque [h]a defendido la
                Monarquía siendo assi que con todas sus fuerzas a procurado anichilarla 82 .

                   D’altra parte, che la questione dei vicari apostolici si portasse dietro
                anche un attacco frontale alla Regia Monarchia, lo aveva molto chiaro
                il cardinale Borja. L’ambasciatore, che su questo punto sosteneva una
                posizione molto diversa da quella di Albuquerque (e bisognerebbe in-
                dagarne più in profondità le effettive ragioni), scriveva infatti al viceré
                che la giurisdizione del vicario apostolico era eccessivamente ampia e
                pericolosa

                a fin de dar por tierra la Monarquía […] podrá prender legos, tener familia
                armada, ser dueño del archivo y reconocerle, quitar y poner en el lo que le
                pareciere, y aunque esta jurisdición tan ampla está introducida y permitida a
                los  ordinarios  ecclessiásticos,  es  de  este  Reyno  por  parar  las  causas  en  la


                   79  «De haver dado los papeles que el arçobispo havía imbiado a su Magestad y al
                mismo Juez en defensa de la Monarquía al dicho obispo de Martorana que los embió en
                Roma y parte dellos están en el proceso»: Discurso, cc. 10r-11r.
                   80  Ivi, c. 14r.
                   81  Bellarmino aveva pubblicato nel 1583 la Christiana informatione della Monarchia
                di Sicilia in forma di lettera indirizzata al viceré Colonna, autore, come si è detto, della
                riforma dello stesso tribunale: cfr. F. D’Avenia, La Chiesa del re cit., pp. 29, 126; L.
                Scalisi, Il controllo del sacro cit., pp. 59-60.
                   82  Ags, Sp, leg. 1510, viceré Albuquerque a Filippo IV (Palermo, 5 febbraio 1632).
                Cfr. anche ivi, lo stesso viceré all’ambasciatore cardinale Borja (Palermo, 4 marzo 1632).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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