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398 Aurelio Cernigliaro
quell’incontro, sono aggiunti nel volume anche altri testi, che nell’in-
sieme risultano utili a chiarire una congiuntura epocale che fu di par-
ticolare rilievo nelle vicende e nelle fortune della penisola italiana nel
più ampio contesto europeo.
Intanto, si conviene, e giova segnalarlo subito, che l’evento del 29
ottobre 1268, allorché in Piazza del Mercato a Napoli caddero le teste
del giovane principe degli Hohenstaufen, dell’altrettanto giovane cu-
gino Federico d’Austria e degli altri nobili ritenuti allo svevo sodali,
suscitò un’eco immediata ed amplificata al punto da esser configurato
rapidamente secondo i tratti tipici del ‘mito’.
Com’era avvenuto per la repentina, improvvisa scomparsa di Fede-
rico II, il “più grande principe del mondo”, allorché il cronista incredulo
che il Sol invictus potesse essere tramontato aveva forgiato il suo “vivit
et non vivit” dando avvio ad un lungo processo di ‘cristallizzazione
dell’immagine’, nel bene o nel male, durato per secoli e solo con faticosi
studi alquanto rimosso, così per il nipote dello Stupor mundi, l’ultimo
degli Hohenstaufen, la ‘spettacolare’ drammaticità dell’esecuzione ne
agevolava l’accesso alla sfera del mito: o “agnello sacrificale”, vittima
innocente in osservanza del precetto tipicamente germanico di taci-
tiana lettura secondo cui “suscipere inimicitias necesse est” ovvero
anello ultimo di una viperea stirps erede genetico di un sangue im-
puro, di un’aspide, di chi ha il cuore più duro di quello del Faraone.
Su questo aspetto, a chiusura della silloge, si sofferma in partico-
lare il contributo di Arnold Esch, mettendo, provvisoriamente, da parte
la storia e le fonti storiche. In tale prospettiva, Esch muove acuta-
mente da una ‘premessa’ decisiva nella duplice fase, costruttiva ed in-
terpretativa: «nel mito si entra soltanto se si viene giustiziati senza
colpa». Ed è questo il motivo che rende di per sé rilevante la questione
della legittimità formale del processo, della condanna a morte e della
decapitazione di Corradino e dei suoi ‘Brothers in Arms’. Lo stato di
avanzamento della ‘costruzione’, già rilevabile nelle ‘cronache’ al-
quanto fededegne perché coeve, anche se non in tutto coincidenti, di
Saba Malaspina e di Bartolomeo di Neocastro, diviene così ‘prodro-
mico’, secondo Esch, della ‘visione’ prospettata nell’Ottocento da Fer-
dinand Gregorovius nei suoi Wanderjahren in Italien. Lo storico, in-
fatti, nelle sue Passeggiate narrava che raggiunto Capo Astura, ove
Corradino e i suoi amici in fuga dopo la rotta di Tagliacozzo erano stati
catturati a tradimento da Giovanni Frangipane per essere consegnati
vilmente a Carlo d’Anjou, si era sentito pervaso dall’emozione che nel
suo animo suscitava la vittoria tedesca su Napoleone III a Sedan. Vi
scorgeva senza meno, in una sorta di ‘trasposizione’ emotiva, la ‘ven-
detta’ per l’ingiuria inferta al giovane Staufer: la ‘singolare’ percezione
de «la rinascita dell’Impero degli Hohenstaufen negli Hohenzollern»
dall’intellettuale tedesco toccato dal clima romantico veniva legata in
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)