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Contradin for ever? Il mito al vaglio della storia 403
carenza di notizie circa l’impressione che la città ricavò dall’evento, no-
nostante le notizie offerte poco dopo da Saba Malaspina e Bartolomeo
di Neocastro, deduce una sostanziale mancanza di feeling che già in età
fridericiana era maturata tra la città e l’imperatore, al di là dei ripetuti
gesti di generosità posti in essere; per tutti si pensi all’istituzione dello
Studium. La situazione di frizione tra Napoli e Staufen, aggravatasi con
Corrado IV, che era riuscito a prendere possesso della città solo dopo
un lungo assedio, e con Manfredi che nessun aiuto poté da essa averne
contro il nemico angioino, sarebbe secondo Vitolo riconducibile ad un
atteggiamento tipico della popolazione definibile nel complesso “di tipo
autonomistico”, che nel tempo, al di là delle forme, ha connotato sempre
una carenza di sostanziale afflato popolare col regnante di turno. Un
aspetto di forte contrasto contemperato, tuttavia, da un atteggiamento
costante di adattamento a superare le difficoltà.
Dopo aver, quindi, delineato i profili dei due cronisti per ‘saggiare’
il peso della loro testimonianza, Vitolo affronta il nodo problematico
del ruolo che nella congiuntura assolvono i sindaci delle città e la no-
biltà feudale. A tal proposito muove da una capitale considerazione di
metodo: «nessuna analisi puramente filologica potrebbe chiarire il
tema del tumulto sordo e dei mormorii, se alla prospettiva del filologo
non si unisce quella dello storico, che considera in primo luogo o co-
munque di non minore importanza il contesto temporale e spaziale,
nel quale si collocano l’evento e gli osservatori che ce ne lasciano te-
stimonianza». Alla luce di questa osservazione di carattere generale,
osserva opportunamente lo studioso che ambedue i cronisti, peraltro
non filoangioini, non riferiscono de visu, cosicché anche la più diffusa
narrazione di Bartolomeo di Neocastro va letta nel senso che, in man-
canza di ulteriori riscontri, il tumultus raucus che si sarebbe diffuso
tra i presenti, ma ita quod voces murmura non sequuntur, indicherebbe
uno stato di turbamento, più che una vera e propria contestazione
della sentenza.
Così, secondo la serrata analisi di Vitolo, dalle fonti, correttamente
lette, sappiamo che il sovrano angioino intese lanciare alla intera no-
biltà un duro avvertimento; che non erano certo sprovveduti i sindaci-
procuratori ‘affidabili’ convenuti dalle città ‘generose’, ossia nobili;
che, in definitiva «Quello che si svolse fuori delle mura meridionali di
Napoli il 29 ottobre 1268 fu una grande operazione politico-propagan-
distica». Napoli non era ancora capitale, ma si ponevano i presupposti
perché lo divenisse.
Ultimo, ma non certo nel significato complessivo della silloge, ché
anzi lo vede al centro della fitta tela narrativa, si pone l’elegante, denso
contributo di Cristina Andenna su Pretese dinastiche e pubblicistica
antisveva.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)