Page 206 - Mediterranea 60
P. 206

206                                                    Salvatore Fodale


                quanto vicario generale, ma dedotte le spese per i castelli gli assegnò i
                redditi della secrezia, e a Manfredi dette quelli del porto di Bruca.
                   Dichiarò di avere quindicimila onze in contanti, duemila delle quali
                lasciò in legato pro anima e pro complimento dotis al monastero di No-
                valuce, e dispose che il giorno della sua morte fossero spese in funera-
                libus trecento onze. Ordinò la vendita di iumenta, vacce, oves et equi e
                la distribuzione del ricavato ai poveri, ma vietando espressamente che
                ne godessero i preti secolari. Dispose che maestro secreto, vicesecreti
                e tutti gli altri officiali e amministratori fossero esonerati dalla presen-
                tazione dei rendiconti. Confermò gli stessi esecutori del testamento.
                   Con altri codicilli, riportati dal La Lumia , il successivo 6 febbraio
                                                          21
                dispose ulteriormente che se Maria si fosse sposata extra Regnum, o
                fosse deceduta in minori etate, sia la torre vicino Catania, sia Nexima
                andassero a Manfredi d’Alagona, il quale avrebbe dovuto dare ai suoi
                due figli naturali cinquecento onze a Maciotta e quattrocento a Gio-
                vanni. Inoltre fece un altro legato al monastero di Novaluce, una vigna
                ad Aci.
                   Artale d’Alagona morì poco dopo. Possiamo osservare come nel te-
                stamento e nei codicilli non avesse mai definito di Trinacria né il Re-
                gno, né la regina, come era invece abituale negli atti notarili siciliani,
                e come era preteso dalla sede apostolica, ma sempre Regno e regina di
                Sicilia. Degli altri tre vicari siciliani restò vivo, prima del ritorno della
                regina Maria, solo Guglielmo Peralta. Francesco Ventimiglia l’8 gen-
                naio 1386 aveva fatto testamento  ed era morto prima di Artale. Ma-
                                                22
                lato,  Manfredi  Chiaromonte   fece  testamento  l’8  settembre  1390  e
                                           23
                morì nel marzo 1391 .
                                    24
                   Un confronto tra i tre testamenti dei vicari, redatti in un breve arco
                di tempo, tra il 1386 e il 1390, se come ora per questo di Artale d’Ala-
                gona anche per gli altri due disponessimo dell’originale, potrebbe rive-
                larsi interessante sotto più aspetti. Invece, tanto per il testamento del
                Ventimiglia, che proviene dall’archivio Belmonte, come per quello del
                Chiaromonte, si conoscono ancora solo delle copie più tarde.
                   Il testamento di Manfredi Chiaromonte, pubblicato nel 1907 dal Pi-
                pitone-Federico, è un transunto cinquecentesco, ma si presta ad al-
                cune considerazioni. Spicca il titolo ducale, appena ricevuto Dei gratia



                   21  La Lumia, Estratti cit., pp. 195 s.
                   22  O. Cancila, I Ventimiglia di Geraci (1258-1619), Palermo 2016, I,  pp. 70 n.
                42, 76 n. 63.
                   23  S. Fodale, Chiaramonte, Manfredi, conte di Modica, in “Dizionario Biografico
                degli Italiani”, 24 (1980).
                   24  G. Pipitone-Federico, Il testamento di Manfredi Chiaramonte, in Miscellanea
                di archeologia, storia e filologia dedicata al prof. A. Salinas, Palermo 1907, pp. 328-
                339.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   201   202   203   204   205   206   207   208   209   210   211