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                   A parte la comune esigenza di perpetuare il nome di famiglia, dal
                confronto col testamento di Artale d’Alagona si nota l’assenza di indi-
                cazioni sia sul governo delle importanti città e terre demaniali, sia sul
                trasferimento del vicariato generale del Regno, che con le contee andrà
                ad Andrea Chiaromonte . Sicché dalle località menzionate (isole di
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                Malta, Gozo e Gerba, terre e castelli di Castronovo, Bivona, Carini e
                Comiso, più Chiaromonte, Modica, Ragusa e Naro) si ricava un’idea
                sommaria  e  molto  riduttiva  della  signoria  chiaromontana,  in  netto
                contrasto con gli ambiziosi matrimoni contratti dalle figlie. Risulta tut-
                tavia evidente l’incompletezza del transunto, nel quale compare per-
                fino l’indicazione esplicita vacat pagina alba. Manca la nomina degli
                esecutori testamentari, non vi sono disposizioni per la vedova, né pro
                anima e nemmeno per il funerale e la sepoltura.
                   Anche  il  testamento  di  Francesco  Ventimiglia,  esaurientemente
                esaminato da Orazio Cancila , conferma i caratteri generali e gli obiet-
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                tivi familiari, presenti nelle disposizioni degli altri due vicari del Regno:
                subordinazione  della  discendenza  femminile,  trasmissione  perpetua
                del patrimonio e del nome della famiglia, tramite l’assunzione del co-
                gnome e delle armi. Nemmeno in questo transunto, come in quello del
                Chiaromonte, si trovano delle disposizioni sulla successione nel vica-
                riato generale del Regno, che alla morte del Ventimiglia passò al figlio
                Antonio, né sul governo di città e terre demaniali. Potrebbe dipendere
                dalla incompleta conoscenza delle volontà testamentarie originali, op-
                pure più probabilmente da una diversa linea di condotta di Chiaro-
                monte e Ventimiglia nella trasmissione dell’ufficio, in quanto il loro
                vicariato non risaliva direttamente alla volontà regia. La trasmissione
                testamentaria del vicariato generale del resto non era stata praticata
                nemmeno  dal  duca  d’Atene,  Giovanni  d’Aragona,  morto  il  3  aprile
                1348, il quale col titolo di vicario generale aveva continuato a gover-
                nare il Regno, anche dopo la morte del fratello Pietro II, per il nipote
                re Ludovico. Pure del testamento del duca, redatto il 9 gennaio 1348,
                ci resta, nelle pergamene del tabulario di Santa Maria del Bosco, un
                transunto, benché anteriore rispetto agli altri, della seconda metà del
                Quattrocento, che Raffaele Starrabba , pubblicandolo nel 1869, de-
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                finì “una pessima copia” . Avendo istituito erede universale il figlio
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                Federico,  dato  la  dote  alle  due  figlie,  immaginato  la  nascita  di  altri


                   27  S. Fodale, Chiaramonte, Andrea, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, 24
                (1980); P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte: splendore e tramonto di una signoria.
                Potere  nobiliare,  ceti  dirigenti  e  società  tra  XIV  e  XV  secolo,  Caltanissetta-Roma
                2003, p. 79.
                   28  Cancila, I Ventimiglia cit., I, pp. 76-84.
                   29  S. Falletta, Starrabba, Raffaele, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, 94
                (2019).
                   30  R. Starrabba, Giovanni d’Aragona, duca d’Atene e Neopatria, Palermo 1869.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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