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                sini, ducati veneti) alle tovaglie da barba. Un contesto agiato, come di-
                mostrerebbe l’ampiezza della casa, strutturata in vari ambienti (cam-
                mara superiori; sala; loco supra cammaram novam; dispensa; scriptorio)
                ricchi di mobili, corredi, stoffe pregiate come il panno di Francia figura-
                tum. Il notaio dispone anche di alcuni schiavi: due donne, una bianca,
                Margherita, e una nera, Pascua, e tre uomini, due neri, Martino e Gio-
                vanni, e uno bianco, Giorgio . Non è da escludere che la connessione
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                con il grande ospedale palermitano si rivelasse per il notaio Aprea stru-
                mento di affermazione professionale e mezzo per accrescere e consoli-
                dare ricchezza, privilegi, potere.


                Note conclusive

                   Andrea de Clara detta il suo testamento al notaio Nicola Aprea nel
                dicembre 1435, mentre si trova ricoverato presso l’Ospedale grande di
                Palermo, luogo che lo aveva accolto non in qualità di povero ma di am-
                malato, destinato a ricevere le cure di medici e chirurghi che lavorano
                per l’ospedale: nel 1439 il chirurgo dell’ospedale è Bartolomeo de Man-
                tua, con un salario di 6 onze d’oro annue . E dagli statuti dell’ospedale
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                del 1442 risulta che due medici, un fisico e un chirurgo, erano tenuti
                due volte al giorno almeno a visitare «lu hospitali et li malati et providiri
                cum bona dilicengia di tucti quilli remedii» necessari .
                                                                   60
                   Non siamo a conoscenza di ulteriori particolari circa la condizione
                di Andrea. Non sappiamo di che tipo di malattia soffrisse (troviamo
                solo la consueta formula eger corpore), da quanto tempo si trovasse
                ricoverato, che mestiere svolgesse o che età avesse, se si trovasse a
                Palermo per via della sua malattia o per caso, se avesse o no familiari
                in  grado  di  accudirlo  in  un  ambiente  domestico:  tuttavia,  anche  in
                mancanza di tali informazioni, quest’unica testimonianza fornita dal
                notaio  Nicola  Aprea  della  presenza  di  un  ammalato  all’interno  del-
                l’ospedale appena impiantato è di valore inestimabile, tenuto conto del
                fatto di non disporre di un archivio ordinato e in un’unica sede come
                per altre città  ma di fonti sfilacciate dislocate in varie strutture con-
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                servative.  Le  lacune  documentarie  che  caratterizzano  la  storia  del-
                l’ente assistenziale palermitano non consentono analisi quantitative:


                   58  G. Bresc-Bautier, H. Bresc, Une maison de mots cit., tome V, doc. DXX, pp.
                1600-1607. L’inventario è conservato in Asp, N, notaio Giacomo Randisi, reg. 1152,
                cc. 121-124.
                   59  Ascp, As, 32/1, c. 67v.
                   60  S. Sambito Piombo, Fonti archivistiche cit., p. 38.
                   61  Un modello esemplare è sicuramente l’Ospedale Maggiore di Milano: P. Galimberti,
                L’Ospedale Maggiore di Milano e “la fortuna di avere un Archivio così ben ordinato”, in
                G.T. Colesanti, S. Marino (a cura di), Memorie dell’assistenza cit., pp. 45-82.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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