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Diplomazia, occasioni pubbliche e solidarietà degli ambasciatori nella prima età moderna 437
interessi individuali e familiari […] nel quadro di uno scambio di sug-
gestioni intellettuali fondato sulla condivisione dei valori e dei codici
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della sociabilité» . Renzo Sabbatini ha preso in considerazione l’espe-
rienza di Carlo Mansi, inviato straordinario di Lucca a Vienna dal 1736
al ’48 e autore di un diario, dal quale emerge la consapevolezza che
«andare a cena, privatamente, con il vice cancelliere dell’impero, fare il
galante con la moglie di un maresciallo o giocare a carte con il mag-
giordomo di corte sono incombenze almeno altrettanto importanti della
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presenza alle cerimonie ufficiali» . Recentemente Davide Do Paço, a
proposito della ambasciata turca a Vienna, ha tracciato una geografia
della sociabilità diplomatica nel secolo XVIII individuandone i luoghi
principali nella corte, la città, il quartiere ottomano e ha messo in evi-
denza la presenza di pratiche di sociabilità molto diffuse e di un senti-
mento di profonda integrazione fra gli ambasciatori che ha definito di
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familiarità .
A livello metodologico una domanda generale è come studiare nei
primi secoli dell’età moderna la sociabilità degli ambasciatori nello
spazio della corte. È necessario inoltre comprendere se le pratiche
di svago degli ambasciatori si esaurissero nelle occasioni cortigiane
o se ci fossero anche momenti di incontro al di fuori della corte, sia
negli spazi urbani sia in quelli rurali. Sono molte le differenze
rispetto alle occasioni e alle modalità di aggregazione coltivate dai
rappresentanti degli stati dei secoli XVIII e XIX: nel quadro di strut-
ture diplomatiche in via di consolidamento le forme dell’incontro e
del pubblico svago all’inizio dell’età moderna concernono un universo
di diplomatici assai eterogeneo. Anche la cultura aristocratica rap-
presentava solo a intermittenza un valore comune fra i rappresen-
tanti diplomatici. Nel Cinquecento gli ambasciatori non sempre
disponevano di un ventaglio di valori nobiliari universalmente con-
divisi: molti di essi, soprattutto per alcuni stati con origini cittadine,
non provenivano dal ceto nobiliare e dovevano adottare percorsi
identitari appositi per essere ‘riconosciuti’ dagli altri quali figure emi-
nenti. Per gli stati italiani a matrice cittadina, come quello di Firenze,
infatti, il percorso verso unificanti valori nobiliari prese avvio alla
9 A. Cont, Diplomazia, riflessioni politiche e sociabilità: l’Europa di Antonio Micheroux
tra conservazione e rivoluzione, «Atti dell’Accademia Rovetana degli Agiati», 265, IX, V, A
(2015), pp. 57- 77: pp. 57-58.
10 R. Sabbatini, L’occhio dell’ambasciatore. L’Europa delle guerre di successione nel-
l’autobiografia dell’inviato lucchese a Vienna, FrancoAngeli, Milano, 2006, p. 87.
11 D. Do Paço, L’orient à Vienne au dix-huitième siècle, Voltaire foundation, Oxford,
2015, pp. 187-223; Idem, Trans-imperial familiarity. Ottoman ambassadors in eighteenth-
century Vienna, in Z. Biedermann, Anne Gerritsen, G. Riello (eds.), Global Gifts. The mate-
rial Culture of Diplomacy in Early Modern Eurasia, Cambridge University Press,
Cambridge, 2018, pp 167-184.
n. 47 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)