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Diplomazia, occasioni pubbliche e solidarietà degli ambasciatori nella prima età moderna 439
tico e dei cerimoniali di corte che aiuti a precisarne meglio le articolazioni
interne e le differenze. Durante il periodo di avviamento delle ambasciate
permanenti, un processo prolungato e non privo di battute d’arresto, il
diplomatico poteva essere guardato con sospetto perché era considerato
un elemento estraneo, a cui si attribuiva il fine di spiare le mosse della
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corte in cui risiedeva . I sovrani manifestarono la loro insofferenza,
quando cominciarono a ricevere ambasciatori che dovevano stabilirsi in
modo non episodico presso le loro corti. Il sentimento di fastidio di Luigi
XI di Francia per l’abitudine italiana di «tenere continuamente un suo
ambasadore» è stato più volte richiamato negli studi sulla diplomazia pro-
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prio per illustrare questa fase di transizione . Più tardi, la residenza sta-
bile dell’ambasciatore divenne una pratica più diffusa anche se ancora a
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inizio ‘600 era percepita da alcuni come una novità . Essa comportava
la nascita di nuove dinamiche: il protrarsi del soggiorno offriva agli amba-
sciatori l’opportunità di accedere ai meccanismi di corte e di adoperarsi
per entrare in consonanza con i membri più eminenti di essa. Si pro-
spettò il rischio che i diplomatici si inserissero talvolta troppo bene nelle
reti di relazione della corte. Non è un caso che dalla stessa radice siano
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nati i termini hostis e hospis, nemico e ospite . Nella piena età moderna
queste due opzioni dell’ambasciatore quale figura “estranea” o al contra-
rio “prossima” alla corte in più occasioni furono operative contempora-
neamente, riempiendo di ambiguità la funzione diplomatica.
Gli ambasciatori permanenti dovevano inserirsi in corti che si erano
strutturate attraverso cerimoniali sempre più definiti. Un processo che
concerne tutte le corti europee e che ho preso in considerazione attra-
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verso il caso della Spagna . Carlo V, che aveva inizialmente adottato lo
stile borgognone, col tempo lo modificò, con l’intento di integrare le
diverse etichette (castigliana, aragonese e portoghese), legate ai cortigiani
ces in Early Modern Europe, Bologna-Berlin, Duncker und Humblot, 2011; F. Benigno,
Parole nel tempo. Un lessico per pensare la storia, Roma,Viella, 2013, pp. 205-220 (Opi-
nione pubblica); A. Castillo (ed.), Cultura del escrito en el mundo occidental. Del Renaci-
miento a la contemporaneidad, Casa de Velázquez, Madrid, 2015.
16 A. Tallon, L’Europa del Cinquecento: stati e relazioni internazionali, Carocci, Roma,
2013; D. Frigo, Politica estera e diplomazia: figure, problemi e apparati, in M. Rosa, G.
Greco (a cura di), Storia degli antichi stati italiani, Laterza, Roma, 1997, pp. 117-161.
17 S. Andretta, L’arte della prudenza. Teorie e prassi della diplomazia nell’Italia del
XVI e XVII secolo, Biblink, Roma, 2006, p. 51.
18 L. Bély, J. Bérenger, A. Corvisier, Guerre et paix dans l’Europe du XVIIe siècle,
Sedes, Paris, vol. 1, 1991, p. 52.
19 Come richiamato anche da A. Hugon, Prólogo, in D. Carrió-Invernizzi (ed.), Emba-
jadores culturales. Transferencias y lealtades de la diplomacia española en la Edad
Moderna, Uned, Madrid, 2016, p. 14.
20 Per il caso francese, nel quale è con Enrico III che la corte vive un importante pro-
cesso di crescita e definizione dei ruoli, si v. J. Boucher, La cour d’Henry III, Éd. Ouest-
France, Rennes 1986.
n. 47 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)