Page 216 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                 poi liberale di Santini – che lo accompagnò per tutta la sua lunga car-
                 riera politica, alla Camera e per breve tempo al Senato – gli fa attaccare
                 la supposta intolleranza giapponese in materia di religione, riferendosi
                 naturalmente solo implicitamente ai martiri canonizzati e beatificati da
                 Pio IX. Come avrebbe reagito Roma a tentativi interni di proselitismo,
                 come quelli praticati in Giappone? «Siffatta accusa è falsa, assoluta-
                 mente falsa, per quanto sostenuta dagli ameni scrittori dell’infallibilità
                 vaticanense. Non vi ha popolo più tollerante del Giapponese, il quale,
                 dopo tutto, specialmente nella sua casa, ha diritto che la propria reli-
                 gione, ricca di pagine gloriose, superba de’ suoi martiri, professata da
                 uomini eminenti e virtuosissimi, sia rispettata, come esso sa rispettare
                 l’altrui» (Santini:297).
                    Segue un elogio all’impresa della Magenta del 1866, all’Arminjon, e
                 a quella nuova Italia unita, che ha saputo non senza infiniti ostacoli
                 gettare un ponte tra i due Paesi, e dunque ecco la simpatia reciproca,
                 e la «bella fama che gode nel Giappone l’Italia» (Santini:298). Certa-
                 mente, Santini tradisce a ogni pagina l’orgoglio per l’Occidente, che ha
                 letteralmente trasformato, e creato (come del resto era avvenuto poco
                 prima per Hong Kong), la città di Yokohama. Le bellezze naturali, il
                 Monte Fuji paragonato al Vesuvio, la flora, la fauna, perfino le pagode,
                 appartengono al contesto orientale, originario. Ma la trasformazione
                 della città, la creazione del grande porto e dei quartieri annessi, è tutta
                 un’invenzione occidentale, niente è rimasto del misero villaggio che
                 accolse il Perry nel 1854, colui che schiuse «all’Occidente le misteriose
                 porte del Giappone» (Santini:302) una generazione prima. Tutto è stato
                 trasformato, e per il meglio.
                    Nella descrizione della città “europea”, Santini dà il meglio di sé:
                 descrive una vera e propria realtà portuale e angiportuale internazio-
                 nale, come avrebbe potuto essere quella di Napoli e Genova, che lui
                 ben conosceva. Il processo di acculturazione subito (o intrapreso) dai
                 giapponesi è veramente mirabile: mentre gli uomini divengono rapida-
                 mente cuochi provetti, in grado di cucinare come i migliori chef italiani
                 o francesi piatti occidentali, le donne sono in grado di assumere per-
                 fettamente i tratti delle cameriere, e servono con estrema professiona-
                 lità nelle case, ricchissime, della ormai numerosa colonia occidentale.
                 Per tantissimi aspetti, compreso l’uso dei bagni pubblici, i giapponesi
                 paiono al viaggiatore come gli antichi romani – e del resto è frequente
                 il richiamo alle analogie, vere o presunte, tra Impero Romano e Impero
                 del Sol Levante. Anche la promiscuità negli yuga, i bagni pubblici,


                                                                                n. 47
                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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