Page 218 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
P. 218
Letture1 n 47.qxp_10 22/12/19 17:44 Pagina 642
642 Elisa Bianco
vollero insediare non meno spiritualmente che materialmente, non giovando
così abbastanza alla disinteressata religione di Cristo. Quel commercio, che i
Gesuiti tentavano una volta all’ombra, oggi esercitano in tutto il mondo a piena
luce del sole in terra ed in mare, proprietari anonimi di ricche case di com-
mercio e di flotte mercantili. L’arrivo in orario della moda parigina nella colonia
Europea del Giappone è regolato quasi esclusivamente dalle pie monache fran-
cesi, che ho veduto io stesso in giro per le famiglie trarre un profano guadagno
della [sic] vendita di articles tutt’altro che religieuses chè [sic] erano guanti e
calze di seta e merletti e profumi e tinture per imbellettarsi e cento altri gingilli
di questo mondo perverso, e né sante corone, né benedetti scapolari, né botti-
gline di acqua di Lourdes (Santini:324s).
Nell’ultima parte del suo resoconto sul Giappone, ovvero su Yoko-
hama e Tokyo, Santini trae per così dire le somme di quanto scritto nelle
pagine precedenti, e intitola il capitolo conclusivo della sezione nipponica
nel suo lungo resoconto di viaggio, «Usi giapponesi» (Santini:330-345).
Nelle questioni «etnografiche e antropologiche» circa l’origine e le carat-
teristiche etniche dei giapponesi, Santini afferma immediatamente,
all’inizio del capitolo, che non intende addentrarsi, sia perché è incom-
petente in materia, sia perché l’oggetto è estraneo alla materia principale,
narrativa e descrittiva, del suo libro. Ma siamo in pieno discorso razziale,
quando non razzistico, nel contesto europeo, un discorso che tocca per
primi i cinesi, ma in generale tutte le “razze” non caucasiche. E Santini
non può fare a meno di accennare alla cosa: «La branca giapponese della
grande razza mongoloide si differenzia alquanto dalle altre, specialmente
nella perfezione delle forme» (Santini:330).
E proprio sulla bellezza, maschile e muliebre, Santini, deposti gli
abiti dello scienziato mai veramente indossati, del resto, vuole soffer-
marsi. E lo fa tradendo i risvolti proprio meno scientifici, e più volgari,
dello scientismo razziale: la bellezza, appunto, femminile: «La Giappo-
nese è un tipo mignon…». E più innanzi: «È così che l’amplesso di una
donna giapponese, la quale alle non spregevoli qualità del corpo accop-
pia le più preziose doti dell’animo e l’artistica eleganza dell’abbiglia-
mento, sia tutt’altro che disgradevole» (Santini:331). Prosegue poi
fissando alcuni momenti che potremmo dire canonici nell’orientalismo,
anche italiano, nei confronti del Giappone. L’allegria del popolo, capace
però di praticare con tutta solennità il suicidio, lo hara-kiri, qui
descritto sulla base delle ormai classiche pagine di Mitford, nei suoi
Tales and Rites of Old Japan: «Dinanzi a tanta potenza di virtù di
animo, di nobile fierezza, di religione dell’onore, è d’uopo chinarsi
ammirati» (Santini:337).
n. 47
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)