Page 217 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                   “Un simpaticissimo paese. Un nobilissimo popolo”. Il Giappone di Felice Santini  641


                   appare perfettamente regolata e sotto controllo: «In mezzo a questa rap-
                   presentazione adamitica bi-sessuale, neppure velata della [sic] foglia
                   di fico, regna l’ordine più perfetto» (Santini:306). Lungo lo spazio poi
                   dedicato all’uso della carta, a quello della pipa, e ad altre abitudini,
                   come la lettura di libri e giornali tutti illustrati. Qui Santini sembra
                   voler prendere il Giappone a modello per l’Italia: tutti leggono, tutti
                   sono interessati a nozioni e notizie, e l’istruzione obbligatoria dà vera-
                   mente ottimi frutti: le scuole sono «riboccanti di vivaci fanciulli» (San-
                   tini:311), e Santini dice di non aver mai incontrato analfabeti. La
                   descrizione di Yokohama termina con i quartieri periferici, ove viene
                   massicciamente praticata la prostituzione. Anche in questo caso, San-
                   tini si dimostra simpatetico verso la relativa tolleranza della pratica in
                   Giappone, anche se tende a ridimensionare quelle visioni troppo otti-
                   mistiche, secondo cui la prostituta potrebbe godere, in alcune circo-
                   stanze, di tutti i benefici di una madre di famiglia (Santini:315-318).
                      In treno Santini si reca quindi a Tokyo. In generale, la descrizione
                   della capitale è meno accurata rispetto a quella di Yokohama. D’altra
                   parte, il tempo a disposizione del viaggiatore è limitato, e la città
                   immensa. Ma anche nel caso di Tokyo Santini va costantemente alla
                   ricerca sia della grandezza del Giappone, soprattutto qui negli edifici
                   religiosi e nelle ambasciate occidentali (l’Italia deve ancora instaurare
                   la propria, e Santini auspica che lo faccia presto); sia di elementi della
                   civiltà giapponese che in qualche modo possano sostenere la propria
                   visione liberale dell’Italia: ad esempio, si sofferma sulla cremazione,
                   qui un uso comune (Santini:323). Ma Tokyo, ed il tempio di «Sciba»
                   (Shiba), consentono a Santini una tirata anti-cattolica davvero esage-
                   rata, però indicativa sia del personaggio, sia del senso recondito da
                   dare a questo suo sperticato elogio del Giappone:

                      Non vi è al mondo di tanto cosmopolita quanto la sacra bottega, per quanto
                   in nessun altro luogo si sia raggiunta la perfezione dell’obolo di San Pietro col
                   tanto per cento per i collettori…Don Margotti informi. Innanzi gli altari giace
                   una grande cassa, nella quale i fedeli lasciano cadere la sacra elemosina. Ma
                   anche i fedeli sono in liquidazione e l’indifferentismo, almeno la noncuranza
                   per le lotte religiose, si impone ogni giorno più all’antica passione, onde i varii
                   culti si contendevano il campo. A creare questa situazione hanno potentemente
                   contribuito non pochi gli intolleranti e maniaci missionari cattolici, non tutti
                   campioni di virtù, per quanto di virtù predicatori. I Gesuiti e gli altri missionari,
                   in alcuni dei quali è giusto riconoscere meriti apprezzabili da tutti gli onesti,
                   cui non fa velo la passione, aggiunsero spesso ad un fanatismo intollerante ed
                   impolitico una tendenza troppo spiccata al bene materiale della loro casta, che


                   n. 47                        Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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