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                «reinventavano» la tradizione delle antiche arti cittadine. Queste «In-
                dustrie artistiche» o «Arti industriali», non erano perciò una semplice
                estensione dell’artigianato tradizionale, ma un fenomeno nuovo, che
                si inseriva in un più ampio contesto europeo, e che avrebbe quindi
                avuto bisogno di un sistema d’istruzione e di formazione professio-
                nale . Nelle concezioni di Peruzzi e dei moderati toscani, «l’immagine
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                di una «Atene d’Italia» edificata sul primato nella lingua e nell’arte e
                sul richiamo diretto alla tradizione tre-quattrocentesca diventava dun-
                que essa stessa un fattore che concorreva a determinare lo sviluppo
                della città, sul filo di un continuo gioco di rimandi fra rappresentazione
                e progetto, immagine e reali tendenze evolutive» . «Firenze non può
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                aspirare a ridivenire città industriale» sosteneva Peruzzi in un discorso
                tenuto davanti al Consiglio Comunale nel dicembre del 1870, ma po-
                nendo già chiaramente il problema di una appropriata formazione pro-
                fessionale nell’artigianato: «vi hanno industrie che qui fioriscono e fio-
                riscono tuttavia e maggiormente potrebbero fiorire se l’insegnamento
                delle discipline attinenti alle arti e al disegno efficacemente intendesse
                formare così gli artisti come gli artigiani» .
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                   Un tema simile non poteva non interessare gli esponenti della de-
                mocrazia fiorentina, che aveva un ruolo di rilievo a livello nazionale,
                con una presenza massonica e anticlericale molto forte. In particolare,
                su una proposta di Mazzini condivisa e realizzata da altri esponenti
                democratici di primo piano come Montanelli o Mazzoni, si era costi-
                tuita nel 1861 una «Fratellanza Artigiana d’Italia» destinata a racco-
                gliere,  secondo  le  parole  di  Mazzini,  «tutta  la  classe  operaia  da  un
                punto all’altro d’Italia» . Come si vede, e come ho documentato in al-
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                tra sede, i democratici avevano anch’essi e molto precocemente tentato
                di  «appropriarsi»  del  termine  di  «artigiano»  perché  permetteva  una
                identificazione con un livello «alto» del mondo del lavoro, e con valori
                largamente condivisi di una cultura e di una etica del lavoro, ben di-
                stinti da quelli di matrice socialista che si affacciavano all’orizzonte. I
                democratici anche per questo avevano ben capito il valore della forma-
                zione e dell’istruzione, e le forze laiche e massoniche della città ave-
                vano dato vita a numerose e importanti iniziative con una accentua-



                   9  Sulla crisi della Firenze Capitale Z. Ciuffoletti, I moderati Toscani, la caduta della
                Destra e la questione di Firenze (1870-1879), «Rassegna Storica Toscana», anno XXIII,
                1977, n. 1, pp. 23-66 e n.2, pp. 229-271, p. 56.
                   10  L. Cerasi, Gli Ateniesi d’Italia. Associazioni di cultura a Firenze nel primo Novecento,
                FrancoAngeli, Milano, 2000, pp. 31-32.
                   11  Relazione del sindaco Ubaldino Peruzzi al Consiglio Comunale di Firenze nell’Adu-
                nanza del 16 dicembre 1870, Le Monnier, Firenze, 1870, p. 31.
                   12  G. Mazzini, Scritti editi e inediti, Coop. Tip. Ed. Galeati, Imola, 1935, vol. LXXI, p. 249.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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