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«Ottimi cristiani, buoni cittadini, bravi operai». L’«Asilo degli orfanelli e artigianelli… 233
tivo che si rivolgeva a situazioni di grave disagio individuale e sociale ,
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l’Istituto degli Artigianelli decise di indirizzarsi soprattutto ai figli di la-
voratori, di operai e artigiani, che però – questo era il tratto originale,
comparativamente con le altre istituzioni analoghe - non si trovassero
in situazioni di assoluta povertà ed indigenza. L’Asilo si rivolgeva, per-
tanto, a quei ragazzi dai sette ai tredici anni , le cui famiglie non erano
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propriamente «miserabili» ma che, pur avendo un lavoro il capofami-
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glia (e talora anche la madre), versavano in condizioni di «povertà». In
queste condizioni i fanciulli erano in uno stato di tensione fra la strada
e la scuola.
Come vedremo fra poco, considerando le condizioni del quartiere in
cui era insediato, appariva chiaro che la Chiesa, in questo caso, non
si rivolgeva soltanto e neppure prevalentemente agli strati più bassi
della popolazione, ma cercava piuttosto di recuperare quella porzione
del mondo del lavoro che era in crisi a seguito delle trasformazioni
portate dal rapido sviluppo industriale.
Altrettanto importante da segnalare è il fatto che l’offerta formativa
dell’Istituto si collocava anch’essa in uno spazio molto interessante ed
aperto, all’epoca, in relazione al tema della legislazione sul lavoro e
dell’istruzione per i fanciulli. Nel 1902 era stata promulgata la legge
Carcano, la prima legge organica sul lavoro femminile e minorile, che
portava a 12 anni la soglia minima al disotto della quale era vietato il
lavoro dei fanciulli. Pochi anni più tardi, nel 1904, la legge Orlando
avrebbe prolungato ulteriormente l’obbligo scolastico a 12 anni, anche
se in realtà con molte carenze normative strutturali (in realtà l’obbligo
veniva esteso realmente fino alla 4° classe elementare, ovvero fino ai
25 Tra questi, oltre alla già largamente citata Pia casa del lavoro, che peraltro dopo
l’Unità si era annessa l’orfanotrofio di San Filippo Neri e raccoglieva complessivamente
un numero molto alto di ragazzi, è da segnalare la Casa di Patronato peri Minorenni
Corrigendi finanziata dal governo e destinata ad accogliere «i ragazzi indisciplinati e che
turbassero l’andamento normale» della Pia Casa del lavoro; inoltre la Casa di Redenzione
istituita dalla signorina Andrè, le Piccole Suore de’ Poveri e altre ancora, per informazioni
sulle quali si veda La Pia Casa di lavoro e le opere pie annesse dall’anno 1896 al 1906,
Relazione di Arturo Linaker, Firenze, Stab. Tipografico per Minorenni Corrigendi, 1907,
pp. XXII- LXII-LXIII- LXXXIII.
26 «Per essere ammessi all’Istituto gli allievi devono essere cattolici, poveri, di regola
domiciliati in Firenze, di sana costituzione, non minori di 6 né maggiori di 13 anni». Il
loro numero è indeterminato; C. Parissi, Le mie memorie, cit., p. 250.
27 Tale classificazione secondo l’ufficio statistico del Comune di Firenze comprendeva
circa il 10% della popolazione cittadina, in condizioni di assoluta indigenza. Più ampia
era la popolazione considerata “povera”, valutabile per certi periodi attorno ad un terzo
della popolazione complessiva, che includeva nuclei familiari di popolazione lavoratrice
a basso reddito a cui venivano fornite alcune forme di assistenza.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)