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                10 anni) . Di lì a pochi anni, fra il 1907 e il 1912, alcuni provvedimenti
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                legislativi avrebbero rinforzato e riordinato tutto il settore dell’istru-
                zione tecnica e professionale , con un maggiore impegno dello Stato
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                a supporto delle iniziative private, ma quando ormai il nostro Istituto
                aveva già assunto una sua precisa fisionomia.
                   Il 1902 è una data molto importante anche per il nostro Istituto,
                perché segna l’inizio di una seconda fase della sua vita. È da questo
                momento, infatti, che coincide con la fase di ristrutturazione e riorga-
                nizzazione interna, che esso inizia a individuare un preciso spazio so-
                ciale per il suo operato: quei ragazzi dai 6 ai 13 anni che in teoria
                avevano un obbligo scolastico (con un orario giornaliero limitato, fra
                le  3  o  4  ore  al  giorno)  ma  passavano  gran  parte  del  loro  tempo  in
                strada. L’istituto si poneva in qualche modo come sostituto delle fami-
                glie, dei genitori – spesso impegnati in lavori assai duri e prolungati e
                che quindi non avevano la possibilità di prestare assistenza e «control-
                lare» i loro ragazzi.
                   A Firenze la situazione era aggravata ancora di più dal fatto che
                l’ambiente della strada nei quartieri popolari cittadini era caratteriz-
                zato da una mescolanza di ceti lavoratori urbani e di sottoproletariato
                povero  o  «miserabile».  Mancava  un  vero  e  proprio  «quartiere  indu-
                striale» che venne realizzato solo più tardi, a partire dal 1916. In que-
                ste  condizioni  anche  i  ragazzi  delle  famiglie  operaie  che  lavoravano
                nelle prime fabbriche site nei quartieri periferici o quelli delle famiglie
                artigiane, spesso insediate nel centro cittadino, vivevano a stretto con-
                tatto con i ragazzi dei ceti popolari urbani, molto spesso caratterizzati
                da una forte presenza di disagio e devianza sociale.
                   L’istituto era nato non a caso nel popolarissimo quartiere di San
                Frediano, il cuore popolare della città, il quartiere più povero, il più
                disagiato, il più sordido e malfamato. Un quartiere in cui si diceva che
                neppure la polizia si avventurasse di notte, e in cui proprio in quegli
                anni, nel 1901, su 6.895 abitanti censiti nel rione dall’Ufficio Comu-
                nale di Statistica (compresi quindi donne, vecchi e bambini), ben 1.030
                risultavano ammoniti o sorvegliati dalla polizia. A questo stato di cose
                contribuiva  anche  la  particolare  conformazione  urbanistica  del


                   28   Sulla  legge  Carcano  sul  lavoro  dei  minori  che  com’è  noto  fu  emanata  contes-
                tualmente a quella sul lavoro delle donne, si veda in generale il bel volume curato da P.
                Passaniti (a cura di), Lavoro e cittadinanza femminile. Anna Kuliscioff e la prima legge
                sul lavoro delle donne, FrancoAngeli, Milano, 2016; in particolare all’interno del volume
                si veda il saggio di M. V. Ballestrero, La legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, pp.
                44-59 e quello di G. Silei, La legislazione europea sul lavoro femminile e minorile di inizio
                secolo: un quadro comparativo, pp. 60- 73.
                   29  In particolare la cosiddetta Legge Cocco-Ortu (n. 414 del 30 giugno 1907), con il
                suo regolamento applicativo del 1908; e la legge Nitti (n. 854 del 14 luglio 1912). Cfr. in
                proposito Oltre l'assistenza cit., pp. 50-51.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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