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«Ottimi cristiani, buoni cittadini, bravi operai». L’«Asilo degli orfanelli e artigianelli… 235
quartiere. La zona d’Oltrarno, naturalmente meno pregiata del centro
storico di là dal fiume, era stata caratterizzata da insediamenti abita-
tivi popolari, con bassissimi standard di qualità già all’inizio, e poi ul-
teriormente peggiorati da una lunga storia di sovra edificazioni, ag-
giunte, modifiche e ristrutturazioni che la rendevano non solo disa-
giata, ma socialmente “pericolosa”.
Era stata già creata in Firenze una Società protettrice dei fanciulli
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che proprio in quegli anni tentava di giugere a degli «accordi per togliere
dalle vie della città i fanciulli vagabondi e accattoni. La polizia avrebbe
dovuto arrestare queste disgraziate creature e provvisoriamente con-
durle in un asilo; finché, tolta dal magistrato ai genitori la patria pote-
stà, avessero potuto esser collocati liberamente o in istituti di educa-
zione o di correzione oppure affidati a oneste famiglie del contado ».
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Quello che preoccupava le autorità era anche il possibile «contagio»
che i peggiori soggetti potevano esercitare sui ragazzi delle famiglie po-
vere che di fatto vivevano in strada. In una situazione tale l’Asilo degli
Artigianelli si presentava ai ragazzi del quartiere come una tra le pos-
sibili alternative alla devianza, come una via di fuga alla miseria, alla
povertà e all’indigenza. A questi ragazzi l’Asilo intendeva offrire in-
sieme una formazione scolastica e una istruzione professionale, to-
gliendoli dalla strada, occupando il loro tempo libero, e avviandoli a
un lavoro appena in età lavorativa
Per realizzare questo obiettivo l’Asilo fu riorganizzato fin dal 1902,
nella sua seconda e più grande sede sita in via dei Serragli, come una
vera e propria cittadella produttiva, con una ventina di laboratori i
quali oltre ad avere una funzione didattica, erano degli opifici a tutti
gli effetti cioè delle piccole aziende autonome di proprietà di un im-
prenditore artigiano, regolarmente registrate alla Camera di commer-
cio, producevano per il mercato, e impiegavano a volte anche varie de-
cine di operai adulti . In questo modo si aggirava in parte il divieto
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30 Della commissione facevano parte Ottavio Parenti, Società protettrice dei fanciulli
che rappresentava pure la Congregazione di Carità, il Presidente della Pia Casa del la-
voro, il commissario del Bigallo Comm. Lamberti, il procuratore del Re Moschini, il Cav.
Setti per il Questore e il prefetto stesso Senatore Annaratone; si veda La Pia Casa di
lavoro e le opere pie annesse cit., p. LXII. Per il contesto urbano “pericoloso” mi permetto
di rimandare al mio saggio Firenze noir. Criminalità e marginalità a Firenze tra Otto e
Novecento in «Diacronie», n. 21/1/2015, marzo 2015, pp. 2-22.
31 La Pia Casa di lavoro e le opere pie annesse cit., p. LXIII.
32 Per un caso interessante di esprimenti di « scuole di produzione » con organiz-
zazione di attività produttive interne allo stabilimento educativo, e al principio di “faire
pour apprendre», nonché al problema della continuità di riferimenti alla memoria della
originaria impostazione di cattolicesimo sociale, cfr. ora Pierre-Yves Bernard, Pauline
David, Résistance à la scolarisation de la formation professionnelle : les Écoles de pro-
duction, paper presentato al Colloque international: De la loi Astier au baccalauréat pro-
fessionnel. Les jeunes et le travail : apprentissages, formation et orientation pro-
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)