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76 Marco Zanetti
dipendenti a seconda delle commesse. Nella Raffaelluccia, vecchio bri-
gantino a palo, da carico, proveniente dal Tirreno (La Spezia) e moto-
rizzato pochi anni prima, furono installati dei soppalchi a mo’ di letti
a castello, sfruttando densamente tutto il volume possibile, e sull’al-
beratura furono fissate delle maniche a vento, in stoffa, cucite in fa-
miglia, per convogliare aria nella stiva: i passeggeri dovevano infatti
rimanere per la maggior parte sottocoperta per non essere scorti da
voli di ricognizione o nell’incrociare altre navi; arieggiare era dunque
un’esigenza importante.
Questi e altri particolari di quei giorni li riferisce oggi un testimone
oculare, allora ragazzino della famiglia dei De Poli : un ispettore
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dell’organizzazione ebraica che seguiva i lavori era stato ospitato nella
casa dei De Poli a lato del cantiere; gli approvvigionamenti da imbar-
care furono portati nottetempo; i migranti giunsero al cantiere di notte
su diversi barconi, affollando la piccola riva e l’imbarco fu un po’ diffi-
coltoso (una borsa, proprio di una donna dell’organizzazione, cadde in
acqua e non si poté recuperare). La partenza fu quella stessa notte,
una notte senza luna, forse non a caso. E resta il ricordo di una certa
preoccupazione percepita in famiglia per quel lavoro così particolare,
che avrebbe anche potuto comportare ritorsioni economiche sul can-
tiere, non disgiunta però dall’umanità con la quale si trattavano quelle
persone. Che è poi quanto ha testimoniato 70 anni dopo il comandante
della Kadima, allora un appena ventunenne ufficiale del Palmach, Zeev
Rotem, in una videointervista il giorno del suo novantunesimo com-
pleanno :
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Mi arruolai nel Palmach e fui scelto per andare in Italia, ad aiutare l’im-
migrazione clandestina. Appena giunti a Roma, fummo arrestati dagli ita-
liani, su richiesta degli inglesi che ci stavano alle calcagna. Dopo due mesi,
ci dissero che saremmo stati liberati. Questo avvenne grazie ad Ada Sereni.
Era meravigliosa, sapevamo che era una persona di cui potersi fidare. Mi
inviò in un campo di raccolta per conoscere le persone che aspettavano l’im-
barco e ascoltare le loro storie. Poi andammo su una spiaggia dalla quale
erano già partite delle navi, e altre erano pronte per salpare. Un giorno, fui
scelto per organizzare una partenza di clandestini su una nave italiana di
nome “Raffaelluccia”, alla quale demmo il nome ebraico “Kadima” (“Avanti!”,
ma anche “verso est”). Andai a vederla per capire quanti passeggeri potesse
trasportare e quanto cibo, acqua, carburante e occorrente per un viaggio di
oltre due settimane potesse stivare. Il posto prescelto per la partenza della
nave era Pellestrina, un’isoletta vicino a Venezia. Io commentai che anche il
nome era del tutto appropriato, giacché da Pellestrina noi partivamo per la
48 Fonte: Sergio De Poli (Venezia, 1938).
49 Disponibile su https://www.youtube.com/watch?v=OQOO2h5Dz1o.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)