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                insonnolito cosa desideravamo e a tornare sul luogo con un secondo rimor-
                chiatore. Anche questo fu inutile: la marea era al suo livello più basso e non
                c’era altro da fare che attendere l’una del pomeriggio e sperare che, con l’alta
                marea, la manovra sarebbe riuscita.
                   La nave era ferma a metà strada sul canale che da Venezia porta a Chiog-
                gia;  ma  i  passeggeri  non  resistevano  chiusi  nella  stiva  mentre  la  nave  era
                ferma e fu loro permesso, a gruppi alternati, di salire in coperta, nonostante
                il continuo transito dei vaporetti.

                   L’alta marea fu puntuale ed alle 3 del pomeriggio del 17 gennaio, la
                nave lasciava la laguna; oltre all’equipaggio di 8 persone erano stati
                imbarcati 273 clandestini, malgrado l’unica scialuppa di salvataggio
                potesse portare solo 8 persone! In maggioranza ungheresi e romeni
                provenienti dai campi di transito in Austria e Germania (zona di occu-
                pazione americana), e alcuni dalla Svezia, erano giunti a Venezia in
                treno il 14 gennaio e da lì portati a gruppi al cantiere dove erano an-
                cora in corso i lavori. Il giorno prima, 35 ebrei del Palmach erano stati
                sterminati in uno scontro con un gran numero di arabi nel villaggio di
                Etzion,  vicino  a  Gerusalemme,  così  il  mercantile  fu  rinominato  in
                ebraico Lamed-Hey Giborim Gush Etzion che significa “35 eroi di Gush
                Etzion”. La traversata incontrò, oltre alle difficoltà del mare agitato,
                anche qualche avaria al motore e fu più lunga del previsto e delle re-
                lative scorte di cibo (sostanzialmente pane secco e acqua). La nave fu
                avvistata infine dalla Raf la mattina del 31 gennaio in prossimità di
                Cipro. L’issare un bandiera turca non bastò a trarre in inganno gli
                inglesi e due cacciatorpediniere la raggiunsero dopo un paio d’ore. Il
                giorno dopo i migranti furono tutti trasbordati e condotti a Cipro.
                   Un’altra  nave,  l’Esmeralda ,  tocca  infine  la  storia  di  Pellestrina,
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                perché costruita nel Cantiere Schiavon di San Pietro in Volta. All’epoca
                i cantieri Schiavon a Pellestrina erano due: quello di Giovanni Schia-
                von produceva piccole imbarcazioni da laguna, l’altro, di Benedetto
                Schiavon, era in grado di costruire veri bastimenti, in legno natural-
                mente: secondo la tecnica e la tradizione di allora l’imprenditore saliva
                periodicamente in Trentino, a Pergine Valsugana, per scegliere e mar-
                care gli alberi da abbattere per le forniture di legname al cantiere .
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                L’Esmeralda era stata costruita così e partì da Formia con 256 pas-
                seggeri, raggiunse davanti alla Corsica una nave partita dalle coste
                francesi e in avaria, ne raccolse i migranti ma entrò a sua volta in
                avaria (il nuovo motore Ansaldo da 200 cavalli risultò difettoso) e do-
                vette  fermarsi  a  Messina  per  le  riparazioni,  che  vennero  ‘prescritte’
                dall’autorità  militare  per  consentire  di  far  ripartire  la  nave.  Il  tele-


                   44  Del medesimo armatore napoletano della Silvia Starita.
                   45  Testimonianza dell’ultimo capocantiere, Fioravante Ballarin (Venezia, 1926).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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