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598 Matteo Giuli
giusto prezzo, così come sui vincoli solidaristici del paternalismo poli-
tico e della carità pubblica di matrice cristiana, finalizzati ad assicurare
in ogni momento un livello di alimentazione tale da garantire, in chiave
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sociale, il mantenimento dell’ordine pubblico .
Ne derivò un patto non scritto di reciproca lealtà, entro cui il governo
lucchese intese sempre inquadrare i suoi rapporti coi governati,
secondo uno schema che, quantomeno a livello teorico, rifletteva una
concezione organicista della società; tale schema attribuiva a ogni indi-
viduo un ruolo specifico all’interno del sistema annonario, garantendo
a ciascuno di avere quanto dovuto in base alla posizione ricoperta
rispetto agli altri, così da raggiungere una situazione di equilibrio tra
tutti gli attori economici che, nella mutevole veste di produttori, riven-
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ditori e consumatori, erano implicati nelle transazioni alimentari .
Tra le file del patriziato locale, infatti, si riteneva che governanti e
governati fossero vincolati da una virtuale «obligazione contratta reci-
procamente», da soddisfare senza esitazioni: come i primi avevano la
responsabilità politica di occuparsi della sussistenza dei secondi, cioè
di «provedere li sudditi del vitto necessario», così i secondi avevano il
dovere morale di nutrirsi dei generi alimentari forniti dai primi, in modo
da favorire, accollandosi il consumo dei prodotti «per loro servizio com-
20 Per il termine “economia morale”, è d’obbligo il rinvio a E.P. Thompson, Società
patrizia, cultura plebea. Otto saggi di antropologia storica sull’Inghilterra del Settecento,
Einaudi, Torino, 1981, pp. 57-122. Per il concetto di “carità pubblica”, legato alle impli-
cazioni che in Antico Regime la morale cristiana comportava rispetto al mondo degli
affari, si vedano W. Panciera, Fiducia e affari nella società veneziana del Settecento,
CLEUP, Padova, 2000, pp. 90-96, e P. Vismara, Oltre l’usura. La Chiesa moderna e il pre-
stito a interesse, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005, pp. 101-126. Sulla dottrina del
giusto prezzo – un prezzo complessivamente stabile e generalmente accessibile anche
nei periodi di stagnazione agricola – e sui suoi principî di origine scolastica, si rinvia a
M. Martinat, Le juste marché. Le système annonaire romain aux XVI et XVII siècles, École
e
e
française de Rome, Roma, 2004, pp. 67-83, P. Prodi, Settimo non rubare. Furto e mercato
nella storia dell’Occidente, il Mulino, Bologna, 2009, pp. 79-85, e R. Rosolino, Il giusto
prezzo. Mercati e giustizia in una città d’ancien régime (Corleone, secoli XVI-XVII), il Mulino,
Bologna, 2011, pp. 117-157. Sul controllo dei prezzi annonari tramite le politiche di stoc-
caggio cerealicolo, si veda B. Marin, C. Virlouvet, Introduction, in B. Marin, C. Virlouvet
(a cura di), Entrepôts et trafics annonaires en Méditerranée. Antiquité-Temps modernes,
École française de Rome, Roma, 2016, pp. 1-10.
21 La concezione organicista della distribuzione sociale dei beni, nella prospettiva
dell’antropologia economica, è stata analizzata a partire dal classico K. Polany, La grande
trasformazione, Einaudi, Torino, 1974, pp. 57-72. Sulla variabilità del ruolo di chi par-
tecipava agli scambi commerciali, e dunque dei relativi comportamenti, contingenti e
mai predeterminati, si vedano: R. Ago, Popolo e papi. La crisi del sistema annonario, in
A. Caracciolo (a cura di), Subalterni in tempo di modernizzazione. Nove studi sulla società
romana nell’Ottocento, FrancoAngeli, Milano, 1985, pp. 17-47; S.L. Kaplan, Principio di
mercato e piazza di mercato nella Francia del XVIII secolo, «Quaderni storici», n. 58/1
(1985), pp. 225-240; S. Laudani, Pane, politica e consenso nella Palermo del ‘700, in B.
Marin, C. Virlouvet (a cura di), Nourrir les cités de Méditerranée cit., pp. 419-442.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)