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Ruolo e implicazioni della politica annonaria a Lucca in età moderna 599
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prati e destinati», il buon andamento delle finanze statali . In ragione
di questo patto di reciproco scambio, dal quale dipendevano sia il cor-
retto funzionamento del sistema annonario nel suo complesso – con
tutte le implicazioni fiscali che ne derivavano – sia il mantenimento
dell’armonia sociale, governo e sudditi non dovevano mai venir meno
ai loro obblighi rispettivi – fondati «sopra la ragion naturale» – di
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paterna sollecitudine nel primo caso, di filiale devozione nel secondo .
In un contesto del genere, chi operava all’interno di canali produttivi e
commerciali alternativi a quelli stabiliti dallo Stato, facendo concor-
renza all’attività delle istituzioni annonarie, veniva allora tacciato di
voler contribuire a una «diminuzione grande» del «publico erario» o
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addirittura, in un’ottica catastrofista, a un suo «totale disfacimento» .
Date queste premesse, la normativa annonaria lucchese non poteva
che essere sovrabbondante e rigida, in tal senso tipica di una società
di Antico Regime. Essa si avvaleva di una rete molto fitta di strumenti
giuridico-disciplinari («bandi» e «notificationi»), continuamente aggior-
nati e rinnovati nei minimi dettagli, modellati sulle forme assunte di
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volta in volta dalle pratiche illecite della realtà quotidiana . Ciò faceva
di Lucca un vero e proprio Stato-mercante, che si proponeva di gover-
nare il commercio dei viveri – in particolare dei generi cerealicoli o
comunque «panizzabili» – secondo un ideale modello amministrativo-
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dirigistico di stampo poliziesco . Cercando di regolare i vari passaggi
del circuito agricolo-annonario e di determinare a priori le esigenze
nutritive della Repubblica, uno degli obiettivi di tale normativa era
anche quello di costruire tra le parti implicate negli scambi un vero e
proprio rapporto di fiducia, il cui consolidamento era ritenuto indispen-
sabile per dare stabilità al mercato, attenuare i rischi della scarsità ali-
22 Asl, Offizio sopra la Giurisdizione, n. 53, III, cc. 130r-184v.
23 Ibidem. Questo accordo non scritto tra governo e sudditi è un elemento intrinseco, a
livello di teoria annonaria, delle società di Antico Regime, come si evidenzia in S.L. Kaplan,
Les ventres de Paris cit., pp. 15-16, e in M. Martinat, Le juste marché cit., pp. 2-5.
24 Asl, Offizio sopra la Giurisdizione, n. 53, III, cc. 130r-184v.
25 Di normativa «sovrabbondante e rigida», relativamente alle politiche annonarie di
Antico Regime, si parla in M. Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de
France (1978-1979), Feltrinelli, Milano, 2005, pp. 37-38. Sull’«intricatissima selva di
leggi, di regolamenti, di speciali provvigioni» e sulla «farraginosa organizzazione» che
inquadrava e disciplinava tali politiche, si vedano A. Guenzi, Pane e fornai a Bologna cit.,
pp. 137-146, e M.A. Romani, Nella spirale di una crisi. Popolazione, mercato e prezzi a
Parma tra Cinque e Seicento, Giuffrè, Milano, 1975, pp. 89-105.
26 Sul concetto di “Stato-mercante”, si veda la politica annonaria di Genova, anch’essa
caratterizzata da problemi di insufficienza cerealicola simili a quelli di Lucca: E. Grendi,
La repubblica aristocratica dei genovesi. Politica, carità e commercio fra Cinque e Seicento,
il Mulino, Bologna, 1987, pp. 175-208; P. Calcagno, Il Dominio genovese e il grano in
Antico Regime: un sistema federale sotto la sorveglianza dello Stato, «Storia urbana», n.
134 (2012), pp. 75-94.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)