Page 148 - 2
P. 148

616                                                        Matteo Giuli



           Franciotti all’interno dell’aristocrazia lucchese nei primi decenni del
           Seicento; un’ascesa non solo politica ma anche economica, dovuta
           soprattutto agli investimenti che i fratelli del vescovo erano riusciti a
           fare, oltre che nell’ambito della speculazione finanziaria, proprio nel
                                             69
           settore del commercio cerealicolo . Non a caso fu una questione di
           politica annonaria, relativa alla distribuzione del grano all’interno
           dello Stato, a mettere definitivamente in crisi i rapporti tra questa
           potente famiglia – col vescovo in testa – e il resto della nobiltà citta-
           dina; anche in questa occasione, dunque, i contrasti giurisdizionali
           tra governo e diocesi si mescolarono con quelli relativi al commercio
           alimentare.
              Lo strappo tra il vescovo Franciotti e la Repubblica si consumò nello
           spazio di pochi mesi, favorito da una serie di tensioni culminate col
           ferimento  di  un  canonico  della  cattedrale  cittadina  da  parte  di  un
           agente della curia episcopale. A seguito di questo episodio, nell’agosto
           del 1639, il governo lucchese decise di incriminare i fratelli del vescovo
           «come sospetti per causa di Stato» e di farli incarcerare assieme ad
           alcuni parenti e soci in affari, tra cui spiccavano altri cognomi illustri
           del patriziato locale, come Balbani, Sesti e Palma. Dal canto suo il
           vescovo Franciotti passò velocemente al contrattacco, facendo commi-
           nare, nella primavera del 1640, la scomunica del governo e l’interdetto
           ecclesiastico contro tutta la Repubblica. Ciò tuttavia segnò definitiva-
           mente, in senso negativo, sia le vicende della sua famiglia, il cui potere
           venne fortemente ridimensionato, sia le sue stesse vicende personali,
           in quanto esso, dopo essere stato richiamato a Roma da papa Urbano
           VIII, non riuscì più a tornare alla guida della diocesi lucchese, nem-
                                                                   70
           meno dopo la revoca dell’interdetto a tre anni di distanza .
              Anche questa storia, in definitiva, evidenzia il peso non trascurabile
           che le questioni relative ai rapporti con la Chiesa potevano avere sulla
           coesione politica del ceto aristocratico locale, sia nel senso di una sua
           eventuale incrinatura, più o meno parziale o duratura, sia nel senso
           opposto, come in questo caso, di un suo ulteriore compattamento.
           Essendo stata originata dal grave dissidio venutosi a creare tra una
           singola famiglia in forte ascesa e la maggior parte della nobiltà citta-




              69  Cfr. R. Mazzei, La questione dell’interdetto a Lucca nel secolo XVII, «Rivista storica
           italiana», n. 85/I (1973), pp. 167-185. Sui forti interessi dei Franciotti nel commercio
           cerealicolo, si vedano i documenti in Asl, Offizio sopra l’Abbondanza, n. 8, I, cc. 45r-51r,
           65v-69r, 79r, 115v, 124v-128r, 139r, 158v; sulle crescenti tensioni politiche che la loro
           ascesa provocò in seno all’aristocrazia lucchese, si rinvia a Asl, Consiglio Generale, n.
           117, pp. 58-60; n. 379, pp. 18-19, 70.
              70  Cfr. M. Giuli, Il governo di ogni giorno cit., pp. 68-71. L’intera vicenda dell’interdetto
           trova uno spazio enorme all’interno della documentazione archivistica lucchese, rintrac-
           ciabile soprattutto in Asl, Offizio sopra la Giurisdizione, nn. 106-138.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   143   144   145   146   147   148   149   150   151   152   153