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           trabbando e per tutelare gli interessi fiscali legati alla diffusione del
           sale tra le varie comunità del contado.
              Non si trattava assolutamente di un compito semplice, dal momento
           che, nonostante il rigore delle disposizioni in merito, le infrazioni e gli ille-
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           citi si ripresentavano puntualmente . Coloro che erano incaricati di tra-
           sportare  il  sale  fuori  dalla  città,  infatti,  invece  di  condurlo  fino  alla
           destinazione stabilita, spesso lo nascondevano oppure lo rivendevano
           durante il viaggio, speculando sulle transazioni clandestine. Simili illeciti,
           peraltro, erano a volte compiuti con l’appoggio più o meno diretto delle
           stesse comunità del contado, che in tal modo riuscivano a recuperare
           parte delle spese a cui il meccanismo delle levate forzose le costringeva.
              In realtà, l’obbligatorietà delle distribuzioni non riguardava soltanto
           i sudditi laici e i loro villaggi di appartenenza, ma coinvolgeva diretta-
           mente anche i membri del clero. Ne sorsero polemiche e proteste conti-
           nue, culminate negli anni Ottanta del Seicento, all’epoca dell’episcopato
           di Giulio Spinola, quando il governo lucchese arrivò a evidenziare che
           all’interno della Repubblica il contrabbando era decisamente aumentato
           a causa del comportamento degli stessi ecclesiastici, accusati a più
           riprese di non comprare il sale messo in vendita dallo Stato e di utilizzare
           piuttosto quello forestiero incontrato sui circuiti di spaccio clandestini.
              In questo senso, l’aspetto decisivo delle pretese dei religiosi era il
           riferimento all’autoconsumo, una prerogativa legata tanto al «possesso
           continuato» che essi dicevano di aver esercitato nel corso del tempo,
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           quanto alla «ragione di essere ecclesiastici» . I membri del clero erano
           cioè pronti a ribadire in ogni momento di aver piena facoltà di acqui-
           stare qualsiasi tipo di sale, sia all’interno della Repubblica sia oltre
           confine, a patto di impiegarlo esclusivamente per uso proprio. In tal
           caso, non essendovi «mercimonio», non vi erano nemmeno vincoli giu-
           ridici di sorta, ciò che permetteva ai religiosi di ritenersi completamente
           esenti sia dal sistema delle levate obbligatorie, sia dall’eventuale inter-
           vento repressivo del «braccio secolare». Nell’ottica degli ecclesiastici, il
           potere statale poteva certamente «forzare i proprij sudditi a comprare
           il sale dalle sue dovane», ma non poteva arrogarsi la facoltà di obbli-





              75  Asl, Offizio sopra le Entrate, n. 511, VII, c. 109rv; VIII, cc. 1v-3r; Asl, Pubblici ban-
           ditori, n. 66 (bando del 1735).
              76  Sul valore giuridico e giurisdizionale degli atti di possesso, la cui effettuazione
           «[determinava] positivamente la presenza di un diritto», si vedano O. Raggio, Costruzione
           delle fonti e prova: testimoniali, possesso e giurisdizione, «Quaderni storici», n. 91/1
           (1996), pp. 135-156, R. Ago, Economia barocca. Mercato e istituzioni nella Roma del Sei-
           cento, Donzelli, Roma, 1998, pp. 99-101, e M.T. Silvestrini, Giustizia civile e giurisdizione.
           Il giudizio di possessorio in materia ecclesiastica nel Piemonte del XVIII secolo, «Quaderni
           storici», n. 101/2 (1999), pp. 447-473.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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