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           commerciale – potevano essere accettate soltanto se non avessero pre-
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           giudicato gli interessi pubblici . Tutto ciò condizionò, per l’intera Età
           Moderna, l’atteggiamento del patriziato locale di fronte alle occasioni
           che di volta in volta si presentarono per adeguare i vecchi schemi legi-
           slativi,  di  per  sé  legati  alla  necessità  politica  della  quiete  interna,
           rispetto  ai  mutamenti  socio-economici  in  atto;  una  prudenza  che
           comunque alla lunga si dimostrò funzionale, almeno in rapporto al fon-
           damentale obiettivo della conservazione della libertas repubblicana,
           permettendo a Lucca di resistere e sopravvivere entro un sistema ormai
           dominato, su scala continentale, dalle grandi monarchie e dagli imperi.
              I principî etico-politici alla base del suo mercato annonario, inoltre,
           evitarono che la vischiosa compenetrazione locale tra interessi privati
           e ruoli pubblici – conseguenza inevitabile di un ceto di governo che
           faceva affari nel commercio, nella finanza, nella proprietà immobiliare
           e nella produzione agricola – sfociasse nell’aperta preponderanza dei
           primi sui secondi. In effetti, allorché questa latente compenetrazione
           rischiava di trasformarsi in aperta contrapposizione, a prevalere furono
           sempre le esigenze dello Stato e della sua libertas, rispetto a cui gli
           interessi particolari dei singoli nobili in qualità di mercanti-imprendi-
           tori-proprietari venivano per lo più subordinati, se non addirittura
           ostacolati. Le ragioni che portarono alla rottura nei rapporti tra l’ari-
           stocrazia locale e il vescovo Franciotti, fino all’interdetto del 1640, evi-
           denziando  il  duplice  ruolo  che  inquadrava  il  sistema  alimentare
           lucchese come strumento e obiettivo del potere oligarchico, lo hanno
           dimostrato con chiarezza.
              È altresì vero che, rispetto al primario obiettivo della conservazione
           politica della Repubblica, l’annona a Lucca non assunse una valenza
           strategica soltanto dal punto di vista del controllo sociale. Essa infatti
           – soprattutto in riferimento a questioni decisive come la circolazione
           dei cereali, il monopolio statale sul commercio del pane, la rigida distin-
           zione tra cantine e osterie, e la diffusione del sale dalla città verso il
           contado – si manifestò anche come un imprescindibile strumento di
           fiscalità, spesso funzionante attraverso meccanismi di coazione distri-
           butiva quali i repartimenti forzati e le levate obbligatorie.
              È soprattutto per quest’ultima funzione se gli episodi di contrab-
           bando rappresentarono un problema molto urgente dal punto di vista
           finanziario, essendo i loro effetti assolutamente deleteri per le casse
           dello Stato. La lunga e irrisolta serie di contrasti che a Lucca vide con-
           trapposti governo e clero per il problema della panificazione venale,




              92  Cfr. R. Sabbatini, L’innovazione prudente. Spunti per lo studio di un’economia d’an-
           cien régime, Le Lettere, Firenze, 1996, pp. 83-89.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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