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           militare, e civile» . Pertanto, la radicale trasformazione delle antiche
           istituzioni lasciò progressivamente il posto a un nuovo organismo sta-
           tale, la cui amministrazione superiore assunse l’effettiva direzione della
           vita interna dello Stato che si venne uniformando e subordinando al
           governo centrale. È all’interno di un simile processo che si colloca, nel
           dibattito innervato dalle tesi di North sulle relazioni fra aspetti istitu-
           zionali ed economici, un episodio poco noto di storia comasca che
           attraverso i suoi protagonisti ripropone uno spaccato di antico regime
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           alla fine del secolo XVIII . La vicenda è interessante perché consente
           di vedere l’azione del governo centrale nel suo legame con le province
           e nella sua tenuta sui corpi minori, che cercarono, fino all’arrivo dei
           Francesi, di recuperare quello spazio di potere eroso dal progetto poli-
           tico di Giuseppe II, orientato al centralismo e all’uniformità dello Stato
           e che sembrava ormai superato dagli indirizzi di governo del nuovo
           imperatore Leopoldo II. Inoltre, l’episodio coinvolge alcuni protagonisti
           del progetto economico politico asburgico: il plenipotenziario Johann
           Wilczeck, il consigliere economico Cesare Beccaria, il corpo decurio-
           nale, le istituzioni religiose e i lavoratori del comparto serico.
              Cinquecento di loro fra il 26 e il 28 luglio 1790, pur favoriti da prov-
           vedimenti di sussidi assunti per contrastare la fame e, secondo alcuni
           autori (Carlo Alberto Vianello e Dante Severin), animati dalle idee che
           provenivano dalla Francia, organizzarono una rivolta che per almeno
           tre giorni generò «terrore e spavento» e mise a dura prova il Consiglio
           cittadino, le autorità religiose e il Governo milanese.


           I prodromi della crisi (1787)

              Studi  ormai  classici  sull’economia  manifatturiera  comasca
           mostrano che Vienna, già dall’inizio del secolo XVIII, aveva deciso di
           impegnarsi a sostegno delle decadute attività lombarde. Fra le nume-
           rose scelte economiche, l’eliminazione delle barriere doganali e il divieto
           governativo di introdurre stoffe straniere nell’Impero negli anni Ottanta
           del secolo XVIII favorirono particolarmente Como, dove l’attività mani-
           fatturiera fu sempre l’unica possibile fonte di sviluppo per una città
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           priva di retroterra agricolo . Nonostante le legittime e inevitabili oppo-

              1  G. Rovelli, Storia di Como, Ostinelli, Como, 1796, rist. anast., Libreria Meroni,
           Como, 1992, 5 voll., parte III, t. III, p. 136.
              2  D.C.  North,  Istituzioni,  cambiamento  istituzionale,  evoluzione  dell’economia,  Il
           Mulino, Bologna, 1994.
              3  G. Galli, L’evoluzione mancata dell’agricoltura, in S. Zaninelli (a cura di), Da un
           sistema agricolo a un sistema industriale: il comasco dal Settecento al Novecento. I. Il dif-
           ficile equilibrio agricolo-manifatturiero (1750-1814), Camera di Commercio, Industria e
           Agricoltura di Como, Como, 1987, pp. 17-129.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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